La montagna d’inverno offre molte attività sportive, non solo lo scii su pista o lo scii d’alpinismo, ma anche escursioni a piedi con le ciaspole, per godersi il panorama della montagna innevata. A volte però scarponi e ciaspole possono non bastare per affrontare l’itinerario che hai programmato; non è insolito infatti trovare tratti o interi sentieri ghiacciati, e allora avrai bisogno di avere con te dei ramponi. I ramponi sono degli strumenti metallici da posizionare sullo scarpone e che, grazie ad una serie di punte affilate nella parte inferiore, permettono l’aderenza su superfici innevate o ghiacciate. Per le escursioni impegnative ti serviranno dei ramponi da 10 o 12 punte da calzare su scarponi con suola rigida tramite appositi sistemi di aggancio, mentre per le camminate più semplici puoi utilizzare i ramponcini, che possiedono punte più piccole e si possono utilizzare su qualsiasi tipo di calzatura grazie alla fascia in gomma. Le punte e il sistema di aggancio sono le caratteristiche principali su cui basarti quando scegli la tipologia di ramponi da comprare. Qui voglio darti qualche informazione utile per aiutarti a scegliere la tipologia più adatta alle tue attività. Per quanto riguarda i ramponi, tre sono i sistemi di aggancio allo scarpone:
Parlando del numero di punte, i ramponi classici da alpinismo possiedono fino a 12 punte (anche 14 quelli da cascata su ghiaccio), lunghe almeno un paio di centimetri ciascuna. Il numero, la lunghezza, l’inclinazione e la forma delle punte varia a seconda dell’attività per cui tali strumenti sono progettati. I ramponcini possono avere anche 19 punte lunghe circa un centimetro ciascuna, sono distribuite in modo regolare e non sono particolarmente affilate. Quali sono le differenze tra un rampone e un ramponcino? I ramponi hanno solitamente 10 o 12 punte, a seconda della specializzazione del rampone stesso. Uno a 12 punte avrà più grip e sarà utile nelle arrampicate e nei trekking più difficili. Solitamente sono fatti in acciaio, materiale più resistente che permette alle punte di resistere e non piegarsi. Sono dotati anche di un antibott o antizoccolo, una membrana in materiale plastico posta nella parte centrale del rampone che evita alla neve di attaccarsi tra le punte riducendo l’aderenza e aumentando il rischio di scivolare. I ramponcini sono degli aiuti per il movimento in condizioni di fondo ghiacciato su strade o facili sentieri, e non vanno bene per le condizioni più difficili. I ramponcini in particolare hanno punte più piccole e solitamente sono di alluminio, più leggero e indicato per situazioni meno difficili, si calzano grazie a una fascia di gomma e non hanno nessun sistema antizoccolo. Nello zaino occupano poco posto, solitamente hanno un costo minore rispetto ai ramponi e pesano pochissimo. Per queste caratteristiche sono sempre più diffusi tra gli escursionisti, ma mi preme ricordarti che non sono attrezzi da alpinismo e vanno utilizzati solo in quelle situazioni per cui sono stati progettati. Se stai già pensando al prossimo modello da acquistare, eccoti una lista di criteri importanti da tenere in considerazione per una perfetta esperienza invernale.
Conclusioni I ramponi sono strumenti molto utili sulla neve e sul ghiaccio, che assicurano stabilità e sicurezza su questo genere di superfici. Consistono in punte affilate che penetrano il terreno, e sono molto usati per attività e sport invernali come escursionismo, sci alpino o arrampicata su ghiaccio. I ramponi sono molto diversi tra loro, a seconda della quantità e del tipo di punte che hanno, del loro sistema di fissaggio e del materiale con cui sono fabbricati. In genere, sono in acciaio o alluminio, perfetti per resistere a condizioni climatiche rigide. È importante tenere in considerazione lo scopo per cui ne abbiamo bisogno prima di scegliere un modello specifico, così da poterli sfruttare al meglio. Se questo articolo ti è piaciuto, condividilo con i tuoi amici per fargli conoscere tutto quello che c’è da sapere sui ramponi! Leggi anche
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Quando andiamo in montagna, ma anche nella vita di tutti i giorni, a volte possono capitare degli infortuni o degli incidenti dovuti a disattenzioni o coincidenze negative (sfiga!). Avere nel proprio bagaglio di conoscenze delle nozioni di primo soccorso, può essere molto utile per affrontare nel migliore dei modi queste situazioni spiacevoli. Con il termine primo soccorso ci si riferisce a tutte quei comportamenti e manovre che possono essere effettuati da chiunque, per aiutare una persona infortunata, nell’attesa dell’arrivo dei soccorsi sanitari. Conoscere ed eventualmente applicare questi comportamenti può risultare fondamentale per salvare una vita e per tale motivo, chiunque dovrebbe avere almeno una preparazione base in caso di necessità. Se il primo soccorso è fondamentale in qualsiasi situazione, lo diventa ancora di più in montagna, quando potremmo essere distanti anche diverse ore dalla struttura medica più vicina. In ambiente antropizzato, il tempo di attesa tra la chiamata al numero di emergenza e l’arrivo dei sanitari si attesta intorno ai 10 minuti; un tempo che in montagna difficilmente può essere eguagliato, anche se dovesse intervenire l’elisoccorso. Ecco quindi che risulterà fondamentale garantire un supporto alla persona infortunata dal momento della chiamata e fino all’arrivo dei tecnici del Soccorso Alpino. Gli infortuni che possono capitare in montagna sono vari, strettamente legati al tipo di attività che si sta svolgendo e all’ambiente dove ci si muove. Volendo definire una lista di infortuni che potrebbero capitare durante le nostre attività all’aperto, un escursionista dovrebbe essere in grado di prestare un primo soccorso in caso di; escoriazioni, traumi, ferite da taglio, e slogature. Nei casi di infortuni più grave si potrebbe aver a che fare con fratture (scomposte o esposte) trauma cranico ed arresto cardiaco, situazione nella quale sarà fondamentale effettuare il massaggio cardiaco, eventualmente coadiuvato dalla respirazione bocca a bocca. Oltre a questi infortuni, si potrebbe aver a che fare con degli stati di malessere come, disidratazione, spossatezza, ipotermia e principi di congelamento, fino ad arrivare al mal di montagna se ci si trova a quote molto elevate.
Un corso base di primo soccorso (B.E.P.S.) fornisce tutte le conoscenze per affrontare nel migliore dei modi tutti i possibili infortuni che possono capitare in montagna, ma anche nella vita di tutti i giorni. Tali corsi solitamente vengono organizzati dalla Croce Rossa Italiana, hanno una durata di una ventina di ore durante le quali vengono affrontati i diversi tipi di infortunio e viene spiegato cosa fare per portare un primo aiuto alla persona infortunata. Alle lezioni teoriche si alternano delle lezioni pratiche, in cui è possibile provare le azioni e le manovre che dovranno essere messe in atto in caso di necessità. Come dicevo all’inizio, queste semplici nozioni possono essere davvero utili in svariate situazioni, e soprattutto se sei solito frequentare le montagne e la natura in generale, ti consiglio caldamente la partecipazione ad un corso base di primo soccorso. Leggi anche:
Negli ultimi anni il telefono cellulare è diventato sempre più un oggetto indispensabile e con l’evoluzione della tecnologia gli smartphone sono diventati uno strumento molto utile per la vita di tutti i giorni. Al di là degli abusi, di cui spesso si ha notizia, gli smartphone possono risultare di grande aiuto in molte situazioni, e anche in campo escursionistico un cellulare può risultare molto utile.
La prima e principale funzione di un cellulare è quella di effettuare delle chiamate, che possono essere di emergenza ma possono anche essere effettuate per avvertire qualcuno di un ritardo o un cambio di programma. Va detto che in montagna non sempre è presente la copertura della rete gsm, questa solitamente non raggiunge le vallate più remote ma se ci muoviamo in cresta o in una vallata antropizzata solitamente si ha una discreta copertura. Inoltre se il nostro gestore non è disponibile ma la zona è coperta da un altro gestore, allora la chiamata verso un numero d’emergenza (112 o 118) sarà sempre disponibile. Anche gli sms o i messaggi whatsapp possono tornare utili e soprattutto gli sms a volte vengono inviati anche quando il segnale gsm è molto basso. Al di là dei problemi di copertura il telefono cellulare resta il metodo più veloce per chiedere aiuto quindi in escursione è sempre bene averne uno.
Il secondo motivo per cui un cellulare può essere utile in escursione è il ricevitore GPS che ormai ogni apparecchio monta. Tale ricevitore, anche se molto piccolo è in grado di garantire una sufficiente precisione, con un errore in posizionamento reale che, nelle condizioni ideali, può arrivare ad un paio di metri. Il GPS può essere utile sia in situazione di emergenza, ad esempio per definire la nostra posizione per gli organi di soccorso (app Georesque), sia per tracciare il nostro percorso oppure seguire una traccia precedentemente caricata sul nostro dispositivo. Esistono numerose app sia gratuite sia a pagamento, che sono in grado di trasformare il tuo smartphone in un gps cartografico. Queste app, ad esempio ViewRanger o Tabaccoapp, sono in grado di visualizzare online oppure offline una cartografia di base, su cui è possibile tracciare il proprio percorso o visualizzare i percorsi scaricati precedentemente. Tali app non sostituiscono un gps cartografico professionale, ma per le escursioni domenicali sono una valida alternativa.
Passando a funzioni meno importanti, la fotocamera integrata negli smartphone può essere utilizzata in un paio di modi. Innanzitutto è possibile scattare bellissime foto, soprattutto con le fotocamere di ultima generazione, permettendo di lasciare a casa la macchina fotografica. La fotocamera poi, può anche essere utilizzata in combinazione con alcune applicazioni per individuare il nome di una cima montuosa oppure di un fiore. Ad esempio l’applicazione PeakFinder (a pagamento) permette di inquadrare un panorama e grazie anche all’aiuto del GPS è in grado di indicare il nome delle vette visibili. Oppure con PlantNet è possibile scattare una foto ad un fiore o ad una foglia per scoprirne il nome e altre utili informazioni. Numerose sono le applicazioni che possiamo trovare negli app store e che potrebbero tornare utili in escursione; tali app solitamente utilizzano il GPS e la connessione dati ma alcune lavorano anche off-line. Se vuoi utilizzarle dovrai sempre tenere d’occhio il consumo della batteria, non scordarti mai che potresti avere bisogno del telefono per effettuare una chiamata o mandare un messaggio. Se sei solito utilizzare molto il telefono in escursione una buona soluzione potrebbe essere un powerbank (meglio serugged), oppure una custodia rinforzata anti urto, resistente all’acqua e allo sporco con anche la batteria integrata. Leggi anche:
Le vipere presenti in Italia appartengono a cinque diverse specie e tutte sono in grado di produrre veleno in quantità sufficiente per essere considerate pericolose per la vita dell'uomo. Come ho già spiegato nel precedente articolo sulla vipera, la specie più pericolosa per l'uomo è la Vipera dal Corno (Vipera ammodytes), presente in Friuli Venezia Giulia, Veneto e parti del Trentino Alto Adige. Questa infatti possiede un quantitativo di veleno che varia da 10 a 35 mg ed è in grado di inoculare con un morso una quantità media di veleno pari a 7 mg (dose mortale 14 mg), risultando quindi molto pericolosa per bambini, anziani e individui con problemi di salute. Va precisato però che circa il 30% dei morsi di vipera sono “morsi secchi”, ovvero senza inoculazione di veleno che è essenziale per la vita del rettile. L'uomo infatti non rappresenta una preda per il serpente, che quindi non presenta alcun istinto predatorio nei nostri confronti. I casi di morso sono abbastanza rari (le morti ancora di più) e si riconducono a situazioni particolari dove per svariati motivi il rettile viene colto di sorpresa e non ha la possibilità di scappare. Anche se la possibilità di morso è molto bassa è sempre bene sapere come comportarsi: innanzitutto bisogna mantenere il più possibile la calma e assicurarsi che il morso sia effettivamente di vipera. Questo lo si verifica immediatamente se abbiamo visto cosa ci ha morso, oppure osservando la lesione; se vediamo due fori distanziati di circa 0,5 - 0,8 cm siamo in presenza di un morso di vipera. Stabilito che si tratta di vipera bisogna recarsi immediatamente in ospedale o chiamare aiuto e attendere l'arrivo dei soccorsi senza agitarsi. La sede del morso va lavata con acqua (veleno idrosolubile) e disinfettata con sostanze prive di alcool, se possibile si può effettuare un bendaggio a monte della ferita per fermare la circolazione linfatica che veicola il veleno subito dopo il morso. Se il morso è localizzato su di un arto è bene immobilizzare la zona colpita mediante steccatura, sfilando anelli e bracciali prima che il gonfiore indotto dal veleno lo impedisca. Assolutamente da evitare la rimozione del veleno con incisione, spremitura o suzione, l'uso del laccio emostatico e la somministrazione del siero. All'infortunato si possono somministrare bevande eccitanti come té o caffè (caffeina) che aiutano ad evitare un pericoloso calo pressorio, non devono invece essere somministrate bevande alcooliche in quanto l’alcool è un vasodilatatore. Quindi le regole da seguire in caso di morso sono poche e molto semplici, ricorda che vari fattori condizionano la gravità del morso (zona colpita, età, patologie) e che l'avvelenamento raramente ha esiti mortali. I sintomi dovuti al morso compaiono dopo pochi minuti, sono localizzati e consistono in dolore, tumefazione e chiazzatura emorragica (livido). Dopo circa un'ora dal morso compaiono anche gli effetti generalizzati come mal di testa, nausea, vomito, dolori addominali, febbre e difficoltà nei movimenti.
Anche nei casi più gravi c'è sempre il tempo necessario per chiedere aiuto o raggiungere il pronto soccorso, l'importante è mantenere la calma, sapere cosa fare e non sottovalutare un morso che se trascurato potrebbe portare a conseguenze molto gravi. Leggi anche: Già da diversi anni l’escursionismo nella stagione invernale è un’attività abbastanza diffusa. Sempre più persone ormai frequentano la montagna d’inverno, percorrendo itinerari a bassa quota oppure in ambiente nevoso, soprattutto grazie alla diffusione delle ciaspole e dei percorsi adatti a queste. L’escursionismo invernale però è un’attività che non va sottovalutata; richiede delle conoscenze specifiche e un’attenta preparazione della giornata, soprattutto se in ambiente nevoso. Come ho già spiegato nell’articolo sui pericoli della montagna, questi possono essere suddivisi in due categorie: pericoli soggettivi e pericoli oggettivi. Ovviamente questi pericoli sono presenti in tutte le stagioni dell’anno ma durante l’inverno entrambe le categorie si arricchiscono con alcuni pericoli strettamente correlati alla stagione invernale. Specialmente all’inizio di questa stagione, quando la presenza di neve è ancora sporadica, può capitare di imbattersi in tratti ghiacciati, piccoli nevai o erba gelata che potrebbero causare delle scivolate. L’ambiente e il suolo possono cambiare profondamente a seconda del versante e dell’esposizione, quindi l’escursione andrà programmata con una certa attenzione per evitare sorprese lungo il tragitto. Le giornate poi tendono ad accorciarsi molto, le ore di luce a disposizione sono sempre meno e scegliendo un itinerario troppo lungo c’è il serio pericolo di restare al buio. L’escursione deve essere sempre commisurata alla reale capacità tecnica propria e dei propri compagni, ricorda che in condizioni di neve fresca e non battuta i tempi di percorrenza di un itinerario saranno superiori di circa il 40% rispetto allo stesso privo di neve. Muoversi per diverse ore in un ambiente freddo porta al consumo di molte energie per cui l’abbigliamento e l’attrezzatura dovranno essere adeguati, vestirsi e mangiare in modo corretto garantirà di non soffrire il freddo e la fatica. Anche d’inverno in montagna ci possono essere repentini cambiamenti climatici e i venti forti in quota determinano l'effetto "windchill", ovvero intensificano notevolmente la percezione del freddo. Se mal vestiti l'ipotermia può sopraggiungere rapidamente, provocando congelamento con effetti rilevanti su tutto l’organismo e accrescendo anche il degrado psico-fisico. Con il freddo bisogna immagazzinare più calorie per riuscire a compensare il maggiore dispendio energetico da pare del nostro fisico, ma è altrettanto importante bere. Anche se in maniera minore rispetto all’estate il nostro corpo perde continuamente liquidi; tuttavia con il freddo la sensazione di sete viene affievolita notevolmente e quando ci si accorge di avere sete potrebbe essere troppo tardi. Bere in modo regolare, una bevanda calda o tiepida risulta fondamentale per evitare di raggiungere uno stato di disidratazione che comporta la perdita di efficienza accompagnata da una precoce sensazione di fatica. Un altro aspetto da non sottovalutare sono le condizioni climatiche, nebbie e tormente sono fenomeni atmosferici tipici della stagione invernale che possono causare scarsa visibilità. A differenza dei temporali estivi sono eventi più facilmente prevedibili ed evitabili ascoltando con attenzione le previsioni meteo. In mezzo alla nebbia o ad una tormenta, soprattutto oltre il limite del bosco, dove non ci sono punti di riferimento, la scarsa visibilità può rendere l’orientamento assai difficoltoso. I problemi di orientamento però possono presentarsi anche nelle belle giornate di sole. Finché al suolo sono presenti pochi centimetri di neve, questa copre semplicemente la traccia lasciando visibili i segnavia. Quando però la neve al suolo è parecchia questa può coprire i segnavia e gli altri punti di riferimento, rendendo difficoltoso orientarsi soprattutto nelle zone aperte. In tutti questi casi un gps cartografico con la traccia del nostro percorso può tornare davvero utile per evitare di perdersi. Infine la principale insidia per chi si muove su terreno innevato fuori dai percorsi tracciati sono le valanghe. Generalmente tutti i pendii non boscati, con un'inclinazione maggiore a 30° sono potenzialmente pericolosi. In queste zone entrano in gioco numerosi fattori che vanno ad incidere sul grado di pericolo in maniera positiva o negativa. L'accumulo di neve fresca, il vento, la temperatura, l’esposizione del pendio e la struttura degli strati che compongono il manto nevoso sono tutte variabili che incidono sulla stabilità del versante e vanno tenute in considerazione da parte di chi si avventura al di fuori dei percorsi tracciati. Il bollettino valanghe fornisce delle indicazioni generali che servono per decidere a priori se andare o meno ad effettuare un determinato itinerario. Poi l’analisi delle condizioni deve essere fatta sul posto durante tutta l’uscita e in presenza di situazioni dubbie, bisogna avere il coraggio e la saggezza di non proseguire e tornare indietro. Anche per escursioni semplici, ma al di fuori di percorsi noti e tracciati, è auspicabile avere al seguito ARTVA, pala e sonda, saperli usare ed essere correttamente formati per intervenire nel caso di distacco di una valanga. In ogni caso è bene essere consapevoli che la sicurezza assoluta non esiste, anche con i dispositivi di sicurezza al seguito qualche piccolo rischio permane. Per ridurre al minimo il rischio residuo bisogna pianificare scrupolosamente l'itinerario, avere consapevolezza dei propri limiti psicofisici, sapere quello che si fa e farlo con grande rispetto della montagna e di tutto quello che ci sta attorno.
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Ormai già da diversi anni la stagione fredda non vuol dire solo sci; l'escursionismo invernale ha visto una rapida espansione soprattutto grazie all'utilizzo di una particolare attrezzatura rispolverata dal passato. Sto parlando delle racchette da neve, usate un tempo dai montanari per muoversi nelle valli e che oggi vengono ampliamente utilizzate per vivere la bellezza dei boschi e delle montagne ricoperte dalla neve. Il successo delle ciaspole va ricercato nella loro semplicità di utilizzo e nel fatto che non necessitano di particolari conoscenze o attrezzature; insomma sono adatte a tutti. L'ambiente in cui ci si muove però non è esente da pericoli e se si è proprio alle prime armi è meglio affidarsi ad una guida che ti accompagnerà in tutta sicurezza attraverso ambienti fiabeschi.
Per iniziare a ciaspolare innanzitutto ti serviranno un paio di racchette da neve. Sul mercato ne esistono di diversi tipi e diversi prezzi; in base al tuo peso e al tipo di utilizzo che ne vorrai fare dovrai scegliere il modello più adatto. Per i percorsi semplici le ciaspole entry level, quelle che si pongono in una fascia di cento euro circa, sono già sufficienti. Su internet si trovano buone offerte ma se sei al primo acquisto il mio consiglio è quello di rivolgerti ad un negozio specializzato. Se invece vuoi provare l'esperienza prima di fare l'acquisto, la scelta migliore sarà il noleggio delle ciaspole presso i negozi specializzati o quelli di sci.
Anche se durante una ciaspolata le temperature sono molto basse, lo sforzo fisico impiegato per ciaspolare è elevato e in poco tempo il nostro corpo inevitabilmente si riscalderà. Per cui bisognerà vestirsi a strati, esattamente come si fa per le escursioni nella bella stagione. La tuta da sci non è una buona scelta in quanto è ingombrante ed eccessivamente imbottita, l’abbigliamento ideale prevede quindi diversi strati che possono essere rimossi o aggiunti all’occorrenza. A contatto con la pelle è bene utilizzare una canottiera termica, in grado di mantenere il nostro corpo caldo e asciutto, come secondo strato si può utilizzare un pile in tessuto tecnico e traspirante, infine si può utilizzare un gilet antivento. Come ultimo strato, da indossare in caso di sosta o di freddo intenso, è d’obbligo una giacca pesante, meglio se anche impermeabile, in grado di proteggere dal freddo e dal vento. Per le gambe andranno utilizzati pantaloni tecnici da trekking invernali, che garantiranno un’ottima performance in termini di comodità, impermeabilità e protezione. Per quanto riguarda le calzature, queste devono essere alte sopra la caviglia ed impermeabili; per evitare che gli scarponi o i pantaloni si bagnino troppo ti consiglio l‘uso delle ghette.
Durante l’inverno è molto importante proteggere le estremità e soprattutto la testa, da cui perdiamo moltissimo calore. Un paio di guanti, una cuffia ed uno scalda collo sono indumenti indispensabili per proteggersi dal freddo e dagli spifferi; scegli dei guanti comodi che non si inzuppino facilmente, una cuffia in tessuto tecnico ed eventualmente un passamontagna. Io personalmente non amo il passamontagna, preferisco utilizzare uno scalda collo che all’occorrenza alzo sul naso a protezione di guance e bocca.
Come ti ho già anticipato, l’ambiente nevoso in cui ci si muove durante un ciaspolata non è esente da pericoli, il più evidente e conosciuto è il pericolo valanghe ma non è il solo. Camminare con le ciaspole ai piedi richiede uno sforzo supplementare del 40%, quindi il tempo di percorrenza di un itinerario può anche raddoppiare rispetto allo stesso senza neve. Inoltre la neve fresca ricopre ogni cosa e se cade in abbondanza copre anche molti punti di riferimento, cansando problemi di orientamento se non si conosce la zona. D’inverno le giornate sono più corte e il freddo può essere molto intenso, zone in ombra o raffiche di vento possono far calare la nostra temperatura corporea in pochi minuti portandoci, se non adeguatamente equipaggiati, verso lo stato di ipotermia. In ultimo il pericolo valanghe, prima di ciascuna escursione bisogna sempre consultare il bollettino valanghe emesso dai previsori e in ogni caso bisogna stare lontani dalle zone potenzialmente pericolose. Per quanto riguarda gli strumenti per la ricerca e il soccorso di persone travolte da una valanga (ARTVA, pala e sonda) non è sufficiente averli con sé ma bisogna anche saperli utilizzare. Come vedi il discorso sulle ciaspolate è vario e copre diversi ambiti, ciascuno dei quali va approfondito per non essere impreparati e ridurre al minimo i pericoli. Muoversi sulla neve fresca è un’esperienza fantastica che ti consiglio di provare almeno una volta, ma come tutte le attività all’aperto non va presa sotto gamba.
La Rete Radio Montana è un progetto nazionale su base volontaria che mira ad incrementare la sicurezza in montagna per mezzo delle comunicazioni radio. Il progetto, nato nel 2008, ha lo scopo di connettere via radio gli escursionisti, in modo che ci sia uno scambio continuo di informazioni utili per aumentare la sicurezza soprattutto laddove le reti cellulari non sono disponibili.
Il tutto si basa sull’utilizzo di un canale radio unico e libero per l’intero territorio nazionale, denominato CANALE 8-16 (CH8 CTSS 16) che può essere intercettato tramite ricetrasmittenti PMR – 446; apparecchi che possono essere acquistati e utilizzati liberamente previo l’invio di una DIA all’Ispettorato Territoriale della Regione e il pagamento di un contributo annuo di 12€. Il CANALE 8-16 può essere utilizzato da chiunque per comunicare agli utenti in ascolto la propria posizione e tutta una serie di informazioni operative utili alla nostra sicurezza e a quella degli altri escursionisti. In caso di difficoltà o peggio di emergenza, soprattutto se il telefono cellulare non ha segnale GSM, è possibile provare a chiedere aiuto ad altri utenti della RRM in ascolto, che potranno allertare telefonicamente il Soccorso Alpino per nostro conto. Una volta allertati i soccorsi può essere utile dichiarare di essere utenti RRM in quanto alcuni organi di soccorso stanno aderendo al progetto e in caso di emergenza effettueranno chiamate sul CANALE 8-16 sperando che il malcapitato sia in ascolto radio, ai fini di velocizzare i tempi di intervento. Oltre al fatto di poter chiedere aiuto in caso di emergenza la RRM può essere utilizzata, in maniera accorta, per l’interscambio di informazioni operative tra escursionisti, come ad esempio le condizioni meteo in quota, la presenza di neve o ghiaccio e le condizioni dei sentieri o delle vie ferrate. Inoltre con una semplice iscrizione al portale internet della Rete Radio Montana è possibile richiedere un ID personale che permette di accedere al portale RERAMONET. Qui è possibile compilare un “modulo escursione” dove si potrà indicare la meta e il tipo di attività in modo da far sapere agli altri utenti di essere presenti in una determinata zona per un determinato periodo.
Come detto in precedenza il CANALE 8 – 16 è libero e può essere utilizzato da chiunque; tuttavia per iscriversi e partecipare alla RRM con un ID personale vengono richieste due condizioni: il frequentare la montagna o i boschi italiani sia per lavoro che per svago in modo assiduo e ovviamente il possesso di una radio PMR446.
Infine è bene ricordare che la RRM non è un’alternativa alle classiche modalità di allertamento degli organi preposti al soccorso in montagna, bensì è un “di più” per la prevenzione degli incidenti in montagna o in zone boschive, ed eventualmente potrebbe dimostrarsi un supporto utile in caso di emergenza nelle fasi di ricerca e soccorso, per avere un collegamento diretto tra l’infortunato e i soccorritori precedentemente allertati. In Italia, come spiego in questo articolo, l’organo di riferimento esclusivo per il soccorso in territorio montano ed in ambiente ipogeo è il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) e la procedura ufficiale per la richiesta di soccorso prevede la chiamata telefonica al 118 o al 112 nelle zone in cui è già attivo il Numero Unico per le Emergenze. Dall’inizio del 2014 è possibile utilizzare anche GeoResQ, un servizio ufficiale di geolocalizzazione e inoltro delle richieste di soccorso gestito dal CNSAS che si avvale di un’app per smartphone, scaricabile gratuitamente per gli iscritti CAI. Questo è in breve il Progetto Rete Radio Montana, ovviamente maggiore è il numero di escursionisti muniti di radio e maggiore sarà la copertura fornita; per cui se l’articolo ti è piaciuto ti invito a visitare il sito della RRM, dove troverai tutte le informazioni dettagliate sul progetto. Link utili Leggi anche:
Spesso, soprattutto a seguito di incidenti in montagna o calamità naturali sentiamo parlare di soccorso in montagna o di soccorritori appartenenti al Soccorso Alpino. Con il termine generale di soccorso alpino si indica quell'insieme di operazioni messe in atto per portare soccorso alle vittime di incidenti o di malanni in montagna o, più generalmente, in luoghi impervi dove i normali soccorsi non possono arrivare. Il soccorso alpino per cui svolge operazioni di ricerca, salvataggio e primo soccorso di dispersi, feriti o ammalati in ambiente montano e ipogeo, dove sono richieste particolari conoscenze e capacità.
In Italia il soccorso alpino viene svolto dagli uomini del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (C.N.S.A.S.) in collaborazione con le squadre del Soccorso Alpino della Guardia di Finanza (SAGF), degli specialisti SAF del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e dall'unità Search And Rescue Alpini dell'Esercito italiano. Il CNSAS è sezione nazionale del Club Alpino Italiano (CAI) e dal 1995 a seguito della pubblicazione della legge n.225 è anche una Struttura Operativa del Servizio Nazionale della Protezione Civile e per questo presta attività al di fuori dell’ambiente montano in caso di calamità naturale, svolgendo un servizio di pubblica utilità.
Questo è in breve il soccorso alpino, ma nell'articolo di oggi non voglio addentrarmi nella sua storia, organizzazione e legislazione, bensì mi preme fornire alcune informazioni utili sul comportamento da tenere nella malaugurata ipotesi di incidente e sul corretto modo per chiedere l'intervento dei soccorritori.
I soccorsi vanno allertati quando si ritiene che, per incidenti od altro, sia seriamente compromessa l’incolumità delle persone coinvolte ed è bene ricordare che ogni intervento costituisce un dispendio di energie e spesso mette in situazione di pericolo gli stessi soccorritori. Qualora ve ne fosse la necessità la richiesta d'aiuto andrà effettuata utilizzando il numero unico per l'emergenza sanitaria, in Italia il 118. Da febbraio 2017 alcune regioni hanno già istituito il numero unico di emergenza europeo (NUE 112) con il quale, indipendentemente dal tipo di emergenza, è possibile inviare la richiesta d'aiuto ad un operatore che raccoglierà la chiamata, ne valuterà la gravità e invierà sul posto i servizi competenti. Dal 2016 per sistemi Android e IOS è disponibile il servizio di geolocalizzazone “GeoResQ” che consente di determinare la propria posizione geografica in e in caso di necessità inoltrare delle richieste di soccorso. Tale servizio è gestito dal CNSAS e da gennaio 2017 l’applicazione sarà gratuita per tutti i soci del CAI. Inoltre è bene sottolineare anche che chiunque intercetti una richiesta di soccorso, ad esempio aderendo al progetto Rete Radio Montana, dovrà trasmetterla tempestivamente alla centrale operativa in modo da mobilitare i soccorsi nel più breve tempo possibile.
Una volta in contatto con la centrale operativa sarà indispensabile rispondere nel modo più chiaro e completo all’operatore che vi farà una serie di domande mirate a raccoglie dei dati fondamentali per l’ottimizzazione dell’intervento stesso. Le informazioni che dobbiamo comunicare in modo rapido ma senza panico possono essere riassunte in dieci punti:
La chiamata sarà impostata come un’intervista durante la quale l’operatore vi porrà domande precise e dirette, alla fine delle quali vi dirà cosa fare per portare un primo soccorso all’infortunato nell’attesa dell’arrivo dei soccorritori.
Qualora le condizioni meteo lo permettano e l’infortunio occorso ne giustifichi l’utilizzo, il soccorso verrà effettuato con l’impiego dell’elicottero. Tale intervento, svolto in ambiente montano, è da considerarsi sempre ad elevata criticità, pertanto è opportuno conoscere alcune semplici regole di comportamento per non intralciare le operazioni di soccorso. Se il terreno lo permette l’elicottero effettuerà una manovra di atterraggio; in questo caso sarà necessario sgomberare l’area allontanandosi in posizione di sicurezza rimanendo fermi fino alla fine dell’intervento. Quando il terreno non permette l’atterraggio il pilota può decidere di adottare una manovra in volo stazionario (hovering) con o senza l’uso del verricello; tale manovra risulta particolarmente delicata ed impegnativa e anche in questo caso nessuno deve avvicinarsi alla zona dove opera la squadra di soccorso. Infine è importante sapere che esiste una segnalazione convenzionale per comunicare con l’elicotterista quando esiste un contatto visivo e non è possibile quello acustico (immagine sopra); ad ogni modo nonostante le indicazioni che potremmo fornire sarà sempre il pilota a decidere il luogo di atterraggio e la manovra da effettuare. Nessuno di noi vorrebbe mai dover effettuare questo genere di chiamata ma come dovresti sapere la componente di imprevedibilità è sempre presente. L’importante come in altre occasioni è mantenere la calma, rispondere in modo chiaro durante la telefonata, assistere nel miglior modo possibile l’infortunato e non intralciare le operazioni di soccorso. Fonti e link utili: Leggi anche:
Nello zaino dell’escursionista, al pari di altri oggetti che non devono mai mancare (es. kit primo soccorso) deve trovare posto un’oggetto che spesso viene considerato di minor importanza, che però in determinate situazioni può risultare fondamentale: la torcia elettrica.
Soprattutto durante la stagione invernale, quando le giornate sono più corte, ma anche durante la bella stagione quando i trekking sono più lunghi, avere con se una buona torcia elettrica può essere fondamentale per concludere l’escursione e tornare a casa sani e salvi. Soprattutto nei mesi di dicembre e gennaio il sole tramonta molto presto, in un tempo davvero breve; come sappiamo la componente di pericolosità oggettiva è sempre presente ed esistono numerose cause che possono portare ad un ritardo sulla tabella di marcia.
Avere con se una torcia garantisce di concludere l’escursione in sicurezza, ad esempio qual ora l’escursionista si accorga di essere in ritardo e non abbia con se fonti luminose sarà costretto ad aumentare il passo oppure a correre per non rischiare di essere colto dal buio; comportamento che aumenta notevolmente il rischio di incidente. Viceversa se l’escursionista ha con se una torcia elettrica può mantenere il passo costante e concludere l’escursione al buio sfruttando la luce artificiale.
La torcia risulta utile anche in caso di infortunio o di smarrimento, per effettuare delle segnalazioni, per farsi notare dai soccorsi o semplicemente per non dover aspettare i soccorritori al buio. Esistono degli altri casi in cui una torcia elettrica torna utile, ad esempio lungo gli itinerari storici dove solitamente è possibile visitare trincee e gallerie della prima guerra mondiale, in rifugio gestito dove in camerata ad una certa ora la luce elettrica viene spenta oppure nelle casere e bivacchi non gestiti dove la luce elettrica non è presente.
Sul mercato esistono numerosi tipi di torce, adatte a qualsiasi situazione; per chi pratica l’escursionismo la miglior tipologia di torcia è sicuramente quella frontale. La torcia frontale si indossa sulla testa e permette all’utilizzatore di avere sempre entrambe le mani libere andando ad illuminare in ogni istante la porzione di terreno davanti a se nella direzione dello sguardo. Le torce di ultima generazione hanno sostituito le tipiche lampadine a incandescenza con le lampadine a LED che producono pochissimo calore, hanno un basso consumo e garantiscono maggior affidabilità. Solitamente il flusso luminoso emesso da una torcia (quanta luce fa) viene misurato in lumen, per il trekking il valore ideale che concilia quantità di luce, sicurezza e salvaguardia delle batterie è di 30/35 lumen. L’alimentazione dipende dalla potenza, può essere a batterie stilo oppure a batterie agli ioni di litio come quelle dei cellulari; tutti sistemi validi che garantiscono diverse ore di luce anche alla massima potenza.
Come già detto di torce frontali (e tradizionali) ne esistono di numerosi tipi e con diverse caratteristiche; quelle da ricercare in una torcia per l’escursionismo possono essere riassunte così: autonomia elevata, impermeabilità almeno all'umidità, affidabilità, basso peso e minimo ingombro. Leggi anche:
In montagna come in un qualsiasi altro ambiente naturale siamo esposti ad una serie di pericoli e solitamente ci troviamo lontano dalle comuni fonti di soccorso più di quanto non avvenga durante le attività quotidiane in città. I problemi in montagna possono sorgere sia per un malessere imputabile alla condizione fisica o ambientale sia per infortuni veri e propri come fratture, distorsioni, ematomi, tali da pregiudicare il rientro a valle con i propri mezzi. Detto ciò risulta abbastanza evidente come all’interno del nostro zaino non debba mai mancare un kit di primo soccorso da utilizzare in caso di emergenza seguendo delle semplici regole per trattare se stessi o un infortunato nell’attesa che arrivino i soccorsi.
Il primo soccorso viene definito come quell’aiuto che chiunque può prestare in caso di incidente o malore nell’attesa che intervenga il soccorso sanitario qualificato, che su tutto il territorio nazionale risponde al numero sanitario unico “118”. Il primo soccorritore, oltre a mantenere la calma, deve valutare la situazione, lo scenario e l’ambiente al fine di agire in sicurezza sia per sé che per l’infortunato. Una volta stabilito che non vi siano pericoli per sé e per l’infortunato bisogna evitare azioni inconsulte o dannose (es. spostare la vittima), si deve invece procedere all’esame dell’infortunato controllando le funzioni vitali come lo stato di coscienza, il respiro, il polso e la presenza di ferite profonde che possono causare un abbondante sanguinamento. In rapporto alle rilevazioni effettuate si deciderà se attivare il soccorso del 118, al quale andranno fornite più informazioni possibili sulla propria posizione e sullo stato di salute della persona infortunata e dal quale si riceveranno ulteriori istruzioni in attesa che il personale qualificato giunga sul posto. Nei casi non gravi (escoriazioni, piccoli traumi, piccole ferite…) dove è richiesto un intervento che può essere garantito anche da persone senza specifica formazione sanitaria, si potrà procedere in autonomia. In ogni caso, che si tratti di infortunio grave o di una semplice escoriazione è fondamentale rassicurare e sostenere psicologicamente l’infortunato.
La scelta del materiale medico di primo soccorso da avere con sé merita molta attenzione e più di una considerazione: di primo acchito siamo portati ad inserire nel nostro kit molto materiale, tanto da fare concorrenza ad una farmacia, ma non per questo con maggiori garanzie di avere a portata di mano quello che realmente ci servirà al momento giusto. Bisognerà cercare dunque di fare delle scelte precise partendo dalla considerazione che alcuni presidi medici sono fondamentali e non possono mancare dal nostro kit. Innanzitutto il nostro kit medico da escursione dovrebbe essere contenuto in una custodia apposita, possibilmente impermeabile, morbida per meglio adattarsi agli spazi dello zaino e dovrà essere sistemata in una posizione facilmente raggiungibile. Al suo interno devono trovare posto una serie di materiali da medicazione utili per far fronte ai più comuni infortuni che possono capitare durante una camminata. I materiali da avere assolutamente possono essere questi:
Questi sono i materiali che non devono assolutamente mancare e che andranno integrati con altri tenendo conto delle proprie specifiche esigenze e delle caratteristiche dell’escursione che ci si appresta ad affrontare. Per quanto riguarda le quantità anche queste andranno decise caso per caso, in base ai bisogni e alle esperienze di ciascuno di noi. Di norma comunque è buona regola portare con sé un buon numero di garze e bende piuttosto che cerotti, i quali servono soltanto in caso di piccole ferite localizzate.
Per quanto riguarda i medicinali quelli effettivamente utili possono essere i farmaci antipiretici e antinfiammatori per i dolori muscolari, articolari o febbre, le pomate per punture di insetti o piante urticanti e per le escursioni di più giorni un farmaco antidiarroico. Va sottolineato che, come per i precedenti materiali, la scelta dei farmaci è ancor più personale e questi non andrebbero mai somministrati ad altre persone, sia amici che sconosciuti, in quanto potrebbero scatenare una reazione allergica. Una buona base per comporre la propria dotazione personale di primo soccorso viene data dai kit appositamente pensati per escursionisti e alpinisti, che vengono venduti anche nei negozi di articoli sportivi. Questi kit forniscono un ottimo punto di partenza per avere a disposizione un buon contenitore e un minimo di materiali da medicazione, che andranno poi integrati in base alle proprie necessità con ulteriori presidi medici e con i medicinali, solitamente non presenti nella confezione originale. Infine ricordatevi che è importantissimo tener curato il proprio kit di primo soccorso, controllando il buono stato dei medicinali e la scadenza delle eventuali pastiglie che vi avete inserito, un kit in pessimo stato e con materiali scaduti è pressoché inutile.
Al di là di quanto sia bello o ben fornito il vostro kit ricordatevi che prevenire è meglio che curare. In montagna, soprattutto a fine giornata su percorsi facili, dove l’attenzione può calare, occorre prestare sempre la massima attenzione; la stanchezza e l'affaticamento sono spesso causa di incidenti per cui non correte e non distraetevi.
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Marzo 2022
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