Con la bella stagione le possibilità di effettuare escursioni aumentano, passiamo più tempo all’aperto e può capitare di attraversare prati non sfalciati o boschetti rigogliosi. Questi sono i luoghi preferiti dalla zecca, un fastidioso parassita che può attaccare anche l’uomo.
Le zecche (Artropodi) contrariamente ad un pensiero comune non sono degli Insetti, bensì sono Acari appartenenti alla classe degli Aracnidi. Questi parassiti ematofagi principalmente si distinguono in tre famiglie: le Ixodidae o "Zecche dure", le Argasidae o "Zecche molli" e le Nuttalliellidae (presenti solo in Africa). Le zecche dure sono così chiamate perché hanno un caratteristico scudo dorsale chitinoso mentre le zecche molli sono sprovviste di tale scudo. Il ciclo biologico delle zecche è caratterizzato da tre stadi di sviluppo (larva, ninfa e adulto), la metamorfosi da uno stadio al successivo richiede sempre un pasto di sangue ma possono resistere per lunghi periodi di tempo a digiuno assoluto. Il pasto di sangue, durante il quale la zecca rimane costantemente attaccata all’ospite, si compie nell’arco di ore per le zecche molli, di giorni o settimane per le zecche dure.
Le zecche pericolose per l’uomo se infette, sono quelle appartenenti alla famiglia Ixodidae; queste sono in grado di trasmettere all’uomo numerose e differenti patologie come: la borreliosi di Lyme, l’ehrlichiosi, le febbri bottonose da rickettsiae e l’encefalite virale (TBE). Gli Argasidi (Zecche molli) sono vettori di patologie meno rilevanti dal punto di vista epidemiologico come febbri ricorrenti da zecche e febbre Q. La maggior parte di queste malattie può essere diagnosticata esclusivamente sul piano clinico, ma una pronta terapia antibiotica, nelle fasi iniziali, è generalmente risolutiva. Solo raramente e in soggetti anziani o bambini queste infezioni possono essere pericolose per la vita.
Un discorso particolare va fatto per la Meningoencefalite da zecche (TBE), una malattia virale acuta del sistema nervoso centrale, che rappresenta la malattia più pericolosa che le zecche sono in grado di trasmettere sul territorio nazionale. Poiché non esiste una cura per tale malattia il miglior modo per prevenirla è la vaccinazione tramite tre dosi nel primo anno e un richiamo dopo tre. I casi di encefalite da zecca negli ultimi 30 anni sono aumentati in modo esponenziale e i paesi più colpiti da questo incremento sono l'Austria, la Germania e la Svizzera. Nel nostro paese le regioni maggiormente a rischio sono il Friuli Venezia Giulia, il Veneto ed il Trentino Alto Adige.
L’aumento delle zecche infette è una diretta conseguenza dell’aumento esponenziale del numero di questi parassiti. Le cause di questo aumento sono diverse e in parte concatenate tra loro. In primis il cambiamento climatico ha portato a inverni meno rigidi in cui i giorni di gelo sono sempre più rari, questo permette ad un numero maggiore di zecche di superare l’inverno grazie ad una forma di letargo. Negli ultimi anni le montagne e i pascoli sono stati progressivamente abbandonati dall’uomo causando un avanzamento inesorabile del bosco che si è riappropriato dei prati ormai abbandonati. Questo ha causato un aumento delle zone favorevoli (habitat) alla vita delle zecche, le quali attendono il passaggio di un eventuale ospite e vi si insediano conficcando il loro rostro (apparato boccale) nella cute e cominciando a succhiarne il sangue. I principali vettori delle zecche sono gli ungulati, soprattutto i caprioli; specie in continua espansione demografica negli ultimi anni.
Per difendersi dalle zecche la cosa migliore è la prevenzione, esistono alcune precauzioni per ridurre significativamente la possibilità di venire a contatto con le zecche, o perlomeno per individuarle rapidamente, prima che possano trasmettere una malattia. Coloro che si apprestano a recarsi in aree a rischio dovrebbero vestirsi opportunamente, con abiti chiari che rendono più facile l’individuazione delle zecche, coprire le estremità, soprattutto inferiori, con calze chiare e utilizzare pantaloni lunghi. Sul mercato esistono diversi repellenti per zecche che possono essere utilizzati sui vestiti o sulla pelle. Questi vanno rimessi ogni due ore circa poiché perdono di efficacia con il tempo. Durante un'escursione è bene non attraversare zone in cui l’erba è alta, non addentrarsi nei boschi al di fuori dei sentieri ed evitare di sedersi o distendersi nei prati. Terminata l’escursione, effettuate un attento esame visivo e tattile della propria pelle, dei propri indumenti per individuare le zecche eventualmente presenti. Le zecche tendono a localizzarsi preferibilmente sulla testa, sul collo, dietro le ginocchia, sui fianchi. Se individuate sulla pelle, le zecche vanno prontamente rimosse perché la probabilità di contrarre un’infezione è direttamente proporzionale alla durata della permanenza del parassita sull'ospite; bisogna comunque tenere presente che solo una percentuale di individui è portatore di infezione.
Se al termine di un’escursione trovate una zecca attaccata al vostro corpo non dovete farvi prendere dal panico, in farmacia esistono delle pinzette apposite per la rimozione. La zecca deve essere afferrata con la pinzetta il più possibile vicino alla superficie della pelle e rimossa tirando dolcemente. Durante la rimozione bisogna prestare la massima attenzione a non schiacciare il corpo della zecca, per evitare il rigurgito che aumenterebbe la possibilità di trasmissione di agenti patogeni. Disinfettare la cute dopo la rimozione della zecca con un disinfettante non colorato.
Se non vi sentite sicuri ad effettuare questa operazione da soli potete recarvi dal vostro medico di base il quale rimuoverà la zecca e provvederà a disinfettare la zona del morso. Alla rimozione della zecca dovrebbe seguire un periodo di osservazione della durata di 30-40 giorni per individuare la comparsa di eventuali segni e sintomi di infezione. Se dovesse comparire un alone rossastro che tende ad allargarsi oppure febbre, mal di testa, debolezza, dolori alle articolazioni, ingrossamento dei linfonodi, è importante rivolgersi al proprio medico curante. Purtroppo il numero di zecche è in continuo aumento ma questo non deve destare troppa preoccupazione, con le dovute attenzioni e seguendo adeguate regole di prevenzione si può continuare ad effettuare gite ed escursioni sulle nostre splendide montagne. Questo argomento l’ho trattato anche in un video che potete trovare al link qui sotto:
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I temporali sono una delle manifestazioni più spettacolari della potenza della natura. Tutti noi almeno una volta ci siamo soffermati ad osservare le spettacolari forme delle shelf clouds oppure l'ipnotico lampeggiare dei fulmini che disegnano istantanee vene luminose nel cielo. Possiamo definire i temporali come dei fenomeni convettivi che portano a precipitazioni intense, grandinate e scariche elettriche (fulmini). Si sviluppano all'interno della Troposfera terrestre (8 – 16 Km) e possono essere classificati in tre categorie a seconda di come si formano.
In particolari zone geografiche, ad esempio dove i rilievi non distano molto dalla costa si possono formare i temporali orografici. Questi si innescano quando il flusso negli strati medio bassi dell’atmosfera costringe l’aria a sollevarsi per la presenza delle montagne. Se l’atmosfera è instabile al di sopra di una certa quota si possono sviluppare i temporali orografici.
Con il passare delle ore le nuvole si ingrandiscono prendendo una forma a incudine (cumulonembi) finché non si forma la cella temporalesca che dà vita a fenomeni intensi, localizzati e brevi (60 minuti circa). Questi fenomeni sono più probabili nella stagione calda al pomeriggio sera. Per i temporali di calore e per quelli orografici non è possibile prevedere il loro sviluppo con precisione, tuttavia è possibile dare una stima della probabilità di accadimento di questi fenomeni nell’arco di una giornata. Questi temporali sono quelli più pericolosi per l’alpinista o l’escursionista in quanto si sviluppano in modo repentino e causano fenomeni intensi, proporzionali alla temperatura e all’umidità dell’aria. Risulta quindi fondamentale, prima di un’escursione, consultare le previsioni del tempo locali e il bollettino meteo emesso dal previsore dove, se le condizioni sono favorevoli, verrà riportata la possibilità della formazione di temporali solitamente nel pomeriggio. Durante un’escursione a rischio temporali (forte irraggiamento, caldo e umido) è importante prestare attenzione a dei segnali premonitori che possono indicare il probabile formarsi di un temporale. I segnali tipici sono la presenza di aria calda e molto umida già dalle prime ore del mattino, la formazione di cumuli torreggianti già dal mattino, un repentino abbassamento della pressione atmosferica (variazione misurata in tre ore) e raffiche di vento freddo, forti e regolari. Non tutte le nubi sono pericolose, spesso d’estate è possibile notare in cielo nubi a limitato sviluppo verticale, i cumuli di bel tempo, le quali non causano fenomeni temporaleschi. La parte più pericolosa dei temporali sono i fulmini, scariche di corrente elettrica generate dalla differenza di potenziale che viene a crearsi tra la parte bassa delle nubi e il suolo o tra le diverse nubi. Un fulmine è formato da una componente luminosa, il lampo e da una componente sonora, il tuono. La scarica elettrica produce un enorme quantità di calore (30.000 °C) che riscalda l’aria attorno al canale ionizzato (porzione di atm dove passa il lampo) causando un’espansione dell’aria con conseguente onda d’urto. La luce e il suono hanno delle velocità differenti in atmosfera (300.000 Km/s vs 340 m/s) per cui prima vediamo il lampo e poi udiamo il tuono. In generale l’orecchio umano non è in grado di udire tuoni a distanze superiori ai 20 – 25 chilometri. Ora che sappiamo cosa sono i fulmini vediamo cosa fare per evitare di essere colpiti durante un’escursione in montagna. La prima cosa da fare è abbandonare immediatamente la cima della montagna, le zone esposte e allontanarsi da oggetti metallici come croci, piloni o antenne. Bisogna evitare di essere l’unico oggetto verticale in un pianoro e non bisogna sostare al di sotto di alberi isolati, ci si può riparare al di sotto di un bosco fitto non sostando sotto gli alberi più alti e prestando attenzione a non toccare il tronco o le radici dell’albero. Allontanatevi da laghi, corsi d’acqua e dai percorsi attrezzati con cavi metallici, sono tutte situazioni in cui la corrente viene condotta molto bene e il rischio di essere folgorati è molto alto. In presenza di terreno aperto è bene assumere una posizione accucciata con la testa tra le ginocchia, le braccia attorno alle gambe e i piedi uniti. Questa posizione garantisce la massima sicurezza e previene il pericolo di essere folgorati dalla corrente di passo; un fulmine non scarica tutta la sua energia nel punto in cui cade, la corrente “galleggia” sulla superficie del suolo per alcuni metri. Se possiamo sentire il crepitio della corrente nell'aria è cosa buona appoggiare lo zaino con gli oggetti metallici ed elettronici ad almeno trenta metri di distanza. Bivacchi, rifugi o cabine sono luoghi sicuri a patto che non tocchiate elementi in ferro attaccati alla struttura (Gabbia di Faraday). I ciclisti devono prestare attenzione alle loro bici in quanto possono attrarre i fulmini. Queste sono le regole base da osservare se veniamo colti da un temporale in montagna e devono essere l’ultima possibilità per evitare spiacevoli incidenti. Come sappiamo andare in montagna comporta una componente di rischio estrinseco che dipende dalle nostre scelte. A parte casi estremi, ritengo che i temporali ricadano nella componente del rischio estrinseco, per cui bisognerà adottate delle misure di prevenzione del rischio come la consultazione delle previsioni del tempo e la pianificazione del percorso per evitare di trovarsi in tratti pericolosi durante un eventuale temporale. Un ultimo consiglio, valido in tutte le situazioni, è quello di mantenere la calma, non farsi prendere dal panico e ragionare bene sul da farsi; è inutile correre per i sentieri rischiando di scivolare e di farsi male aggravando così la situazione di pericolo.
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Marzo 2022
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