Il graduale ritorno del lupo (Canis lupus italicus*) non è semplicemente un’ottima notizia per la “wilderness” dei territori delle Alpi e Appennini ma è soprattutto una notizia di grande importanza dal punto di vista ecologico. Il lupo è un predatore generalista ed opportunista, le sue prede d’elezione sono gli ungulati selvatici che caccia in branco. Grazie alle sue straordinarie capacità tale specie è in grado di andare ad equilibrare le popolazioni di ungulati, predandoli attivamente, ed esercita anche un controllo indiretto su altri predatori. Le predazioni portano ad un miglioramento ambientale, ad esempio il cervo ha grosso impatto sulla foresta e i danni sono minori se la sua densità viene controllata dal lupo. Camosci e stambecchi non sono prede elettive ma il lupo è un animale opportunista e va a predare i soggetti deboli, garantendo un controllo qualitativo della specie. Interessante è anche l’impatto sul cinghiale, il lupo preda principalmente i giovani, che sull’appenino sono diventati la sua fonte trofica principale. Per quanto riguarda i rapporti con gli altri carnivori si è visto come il lupo sottragga risorse alla volpe, a volte predandola attivamente; un numero minore di volpi va a favorire l’aumento del numero di tetraonidi e di piccoli mammiferi come le marmotte. Nei prossimi anni risulterà importante capire come il lupo agisca su di un altro canide in forte espansione negli ultimi anni: lo sciacallo dorato (Canis aureus). Lo sciacallo sembra più numeroso nelle aree dove non ci sono lupi; questi ultimi, infatti, non tollerano la presenza di sciacalli nel loro territorio. La recente espansione dello sciacallo in Europa orientale e occidentale è stata attribuita al declino delle popolazioni di lupi in tempi storici e l'attuale diffusione nell'entroterra alto-adriatico sembra essere in rapida espansione proprio nelle varie aree dove i lupi sono assenti o molto rari. Come abbiamo visto molte popolazioni vengono riequilibrate dal ritorno di una singola specie; ed è proprio questa la grande rilevanza ecologica del lupo. Se questo ritorno fa felici gli amanti della natura e degli animali ci sono alcune categorie che non vedono di buon occhio tale espansione. Il lupo, se ne ha l’occasione, attacca il bestiame domestico che in assenza di forme di protezione è più facile da predare di qualsiasi animale selvatico. La predazione inoltre porta ad una serie di danni indiretti che consistono in aborti, ferite, fuga del bestiame e perdita di produzione del latte. Il conflitto tra allevatori e lupo si sta inasprendo ed è sempre maggiore dove il predatore è tornato da poco tempo e si è persa l’abitudine ad adottare sistemi di difesa per il bestiame. I metodi di prevenzione esistono (recinzioni elettrificate, cani da guardia), sono costosi e il loro utilizzo implica un aumento di lavoro e di stress, che va a gravare su di una categoria non certo ricca e rilassata. Per garantire una coesistenza tra questi animali e gli allevatori sono fondamentali delle campagne di informazione per spiegare come comportarsi e proteggersi dal predatore, a cui devono seguire dei finanziamenti per far sì che gli allevatori possano impostare un corretto sistema di prevenzione. L'Unione Europea ha riconosciuto l'importanza dell'espandersi del lupo sulle Alpi e ha finanziato il progetto Life Wolfalps nell’ambito della programmazione LIFE+ 2007-2013 “Natura e biodiversità”. Il progetto interviene in sette aree chiave e tra gli obiettivi ce né uno destinato alla trasmissione della cultura delle buone pratiche per la conservazione dei capi in alpeggio e delle informazioni relative alla conoscenza dei grandi carnivori per una convivenza stabile tra il lupo e le attività economiche tradizionali. Come abbiamo visto il lupo è un predatore opportunista e intelligente, per questi motivi non riconosce l’uomo come possibile preda, anzi lo identifica come una minaccia da cui allontanarsi il più rapidamente possibile. Nel contesto ecologico-sociale odierno con una situazione di abbondanza di prede in natura, non rientra nella sua strategia l’attaccare degli obiettivi difficili e potenzialmente pericolosi come gli esseri umani. Per millenni i carnivori sono stati nemici e competitori dei nostri progenitori e sicuramente la nostra lunga storia evolutiva non ha cancellato in noi la paura per questi animali. Poi nel corso dei secoli leggende, dicerie e favole hanno dipinto il lupo come un concentrato di malvagità, spesso accostato ai peggiori difetti umani; tutto ciò fa capire come sia stata l’ignoranza a dare al lupo un’immagine negativa che non gli appartiene e non merita. Il lupo è semplicemente un predatore con il quale dobbiamo imparare a rapportarci; nessuna confidenza, un po’di timore e molto rispetto, senza cercare di interferire nelle sue dinamiche. * Il lupo presente in Italia rivela alcune caratteristiche genetiche riconoscibili e peculiari non rinvenibili in individui di altre popolazioni. Attualmente il lupo italiano è ritenuto un ecotipo di quello europeo (Canis lupus lupus), da cui è rimasto isolato per oltre un secolo. * Leggi anche:
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In Italia da circa quarant’anni, prima nella zona appenninica poi più recentemente anche sulle Alpi, il lupo (Canis lupus italicus*) sta riconquistando la gran parte delle aree montane e collinari ormai quasi totalmente abbandonate dall’uomo. Il lupo nel corso dei secoli non ha mai avuto vita facile, considerato come una specie nociva è stato sistematicamente sterminato in Europa centrale fino alla sua totale scomparsa nei primi decenni del Novecento. Tra il Settecento e l’Ottocento il lupo ha subito una progressiva eradicazione anche nell’est Europa e sulle Alpi, raggiungendo il minimo di popolazione tra gli anni ‘30 e ‘60 del Novecento. Nel corso dei secoli la competizione con gli esseri umani ha portato ad una notevole diminuzione nell’estensione dell’areale di questo mammifero; nonostante ciò grazie alla notevole plasticità ecologica, il lupo è riuscito a sopravvivere con alcune popolazioni isolate in parti dell’Europa e anche in Italia. Purtroppo anche in Italia il lupo ha subito lo stesso trattamento, la caccia al lupo era una professione pagata e riconosciuta. La ricompensa per l’uccisione era a carico delle municipalità, “il luparo” doveva presentare al sindaco la testa dell’animale per riscuotere il premio stabilito. Tale professione, così antica che si fa risalire nella notte dei tempi, venne regolarmente esercitata fino agli inizi degli anni ‘70, quando vennero emanati una serie di interventi a protezione del lupo per garantirne la sopravvivenza. Prima dell’approvazione di tali leggi di protezione il lupo si era già estinto sulle Alpi (1920) e il suo numero sull’Appennino centrale e meridionale non superava le cento unità. La sopravvivenza di alcune popolazioni di lupi sugli Appennini fu possibile grazie al diverso modello insediativo rispetto a quello alpino. Il modello insediativo rurale nelle Alpi era prevalentemente di tipo sparso, per cui il controllo del territorio risultava più capillare rispetto a quello dell’Appennino, dove prevaleva un insediamento accorpato che favoriva la presenza di vasti spazi selvatici. Questo permise al lupo di trovare delle zone di rifugio lungo la dorsale appenninica, tra la Calabria e il crinale tosco-emiliano-romagnolo. Dalla fine degli anni ‘70 ebbe inizio una lenta ripresa della specie, dovuta sia a fattori di natura ecologica che sociale. Come precedentemente detto, nei primi anni ’70, vennero approvate una serie di leggi a livello nazionale ed internazionale che considerarono il lupo una specie non cacciabile ed a alto interesse di conservazione. Nel 1976 un Decreto Ministeriale cancellò il lupo dall’elenco delle specie nocive, vietandone la caccia e l’avvelenamento. A livello europeo con la convenzione di Berna (1979) il lupo venne inserito nell’allegato II “Specie strettamente protette”, poi nel 1992 venne inserito nell’allegato D (“Specie di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa”) della direttiva Habitat 92/43/CEE. Questa espansione va anche imputata alle caratteristiche proprie di tale specie (adattamento alle diverse fonti di cibo disponibile, capacità di dispersione) e ad una serie di mutamenti economico/sociali avvenuti dopo la fine della seconda guerra mondiale. Fino agli anni '50 le Alpi erano intensamente abitate e sfruttate per il sostentamento di chi vi abitava, poi a partire dagli anni '60 iniziò un massiccio spopolamento. Il progressivo abbandono di ampie zone rurali e della maggior parte delle valli alpine durante il secondo dopoguerra portò all’abbandono di ettari di colline e montagne, che vennero rioccupate dal bosco e dagli ungulati selvatici. Attraverso la cerniera orografica dei monti liguri, gli esemplari di lupo in dispersione riuscirono a rientrare nell’area alpina, protetti dai boschi di neoformazione e non più disturbati visto la scarsa presenza dell’uomo. Un terzo fattore fondamentale per questo ritorno è stato l’istituzione di numerose aree protette che hanno favorito il mantenimento di popolazioni stabili e numerose di ungulati selvatici. Nel corso degli anni numerose sono state le operazioni di reintroduzione di ungulati (capriolo, camoscio, cervo) che hanno favorito e velocizzato il processo di espansione di tali specie. Queste reintroduzioni, assieme all’evoluzione dell’attività venatoria, con il diffondersi della caccia di selezione, hanno sancito il definitivo recupero sull’arco alpino delle popolazioni di ungulati e la loro forte crescita demografica. La presenza di ungulati risulta fondamentale in quanto il lupo è un predatore generalista e opportunista; le sue prede d’elezione sono gli ungulati selvatici, principalmente i cervi ma essendo in grado di adattare la propria dieta a seconda della disponibilità delle risorse preda anche caprioli, daini, camosci, mufloni e cinghiali. In situazioni particolari può predare anche animali di piccola taglia come le marmotte, inoltre non disdegna il bestiame domestico né le carcasse di animali morti. Bisogna sottolineare come questi siano i fattori fondamentali per il ritorno di questa specie e che a differenza di altri ritorni, come l’orso o lo stambecco, non ci siano state reintroduzioni da parte dell’uomo con il prelievo di individui da popolazioni europee. Il lupo presente sulle Alpi è arrivato spontaneamente per colonizzazione naturale dall’appennino, e pian piano si sta spingendo sempre più verso est dove in questi anni si è trovato molto bene sui monti della Lessinia. Qui nel 2013 è stata documentata la riproduzione della prima coppia formata da un lupo proveniente dalle Alpi Dinariche, “Slavc”, e da una femmina proveniente dalle Alpi Occidentali, “Giulietta”. Questo storico evento ha portato al ricongiungimento di due popolazioni diverse non più in contatto da secoli con la formazione di un branco, l’unico per ora noto in tutte le Alpi orientali. * Il lupo presente in Italia rivela alcune caratteristiche genetiche riconoscibili e peculiari non rinvenibili in individui di altre popolazioni. Attualmente il lupo italiano è ritenuto un ecotipo di quello europeo (Canis lupus lupus), da cui è rimasto isolato per oltre un secolo. * Link utili:
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Marzo 2022
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