Nell’articolo di oggi non tratterò di una singola specie, bensì ti parlerò di alcuni alberi appartenenti al genere Pinus che possono essere davvero utili durante le nostre uscite o in una situazione d’emergenza. Le specie che appartengono a questo genere sono circa centoventi, dieci delle quali sono presenti in modo spontaneo in tutta Italia e sono distribuite sia in ambiente alpino che mediterraneo. L’aspetto interessante di questi alberi è che sono presenti in areali molto diversi tra loro e comunque mantengono delle caratteristiche comuni che possono tornare molto utili. Sul territorio nazionale in ambiente alpino possiamo trovare il Pino Mugo, il Pino Silvestre, il Pino Nero e il Pino Cembro; mentre in ambiente mediterraneo troviamo il Pino da pinoli o Pino comune, il Pino marittimo, il Pino d’Aleppo, il Pino di Monterey e alcune sottospecie di Pino Nero (Pinus nigra laricio in Calabria e Sicilia). Gli alberi e gli arbusti appartenenti a questo genere sono conifere sempreverdi, le foglie sono aghiformi e sono riunite in gruppi di 2, 3 o 5 aghi a seconda della specie. Gli aghi, lunghi anche 10 cm, non si innestano direttamente sui rami bensì sono inseriti a fascetti su dei corti rametti detti brachiblasti. Le numerose caratteristiche delle essenze appartenenti al genere Pinus e la loro ampia diffusione sul territorio nazionale lo rendono un’ottima essenza da conoscere e utilizzare in caso di necessità. Vediamo ora quali sono le caratteristiche principali, comuni a tutte le specie appartenenti al genere Pinus. Partendo dal legno, questo può essere classificato come “tenero”, infatti si presta bene per l’intaglio e per la creazione di oggetti di uso comune come mestoli e tazze. Si taglia abbastanza facilmente ed è ottimo per ricavare la tavoletta e il piolo per l’accensione del fuoco con la tecnica del bow drill (fuoco con archetto). Il legno delle conifere contiene molta resina, per cui è ottimo per accendere il fuoco in situazioni umide; produce un buon calore fin dalle prime fasi di accensione ma dura poco e tende a scoppiettare e fumare parecchio. Quindi è ottimo per l’accensione di un falò ma poi è meglio passare ad un altro tipo di legno soprattutto nella stagione secca. Inoltre le braci che derivano dalla combustione sono di scarsa qualità e non sono adatte alla cottura del cibo in quanto la combustione delle resine apporta sgradevoli sapori in cottura. Dai pini si ricava il fatwood, legno impregnato di resina, che può essere utilizzato come accendifuoco oppure come esca. Il fatwood si trova in abbondanza soprattutto nelle radici dei pini morti, dove si accumula a causa della gravità. Altrimenti lo si può trovare anche all’innesto dei rami sul tronco, sia delle piante vive che morte. In linea di massima è sempre meglio tagliare i rami delle piante morte, ma se ci troviamo in un bosco particolarmente sano potremo utilizzare i rami più bassi che solitamente sono secchi. Altre parti utili di questa pianta sono gli strobili (le pigne) e gli aghi secchi. Le pigne sono resinose e possono essere utilizzate nelle prime fasi di accensione per mantenere viva la fiamma. Gli aghi secchi invece si possono raccogliere e strofinare tra loro fino a produrre un nido dove inserire una brace, prodotta ad esempio con la tecnica del bow drill. La resina di questi alberi è una risorsa molto importante che può essere raccolta, conservata ed utilizzata per diversi scopi. Mescolata con carbone e materiali inerti produce un ottimo collante, allo stato fluido può essere utilizzata come film protettivo su piccole ferite o abrasioni, oppure può essere bollita in acqua per inalare i vapori balsamici utili a lenire le infiammazioni delle vie respiratorie, grazie alle sue proprietà antisettiche e disinfettanti. Infine la resina solidificata può essere usata come accendi fuoco. Veniamo alle parti commestibili, che sono diverse e possono essere davvero utili in una situazione di emergenza. Partiamo con gli aghi verdi che possono essere masticati direttamente oppure utilizzati per preparare un infuso ricco di vitamina C ed A, che placa i morsi della fame e stimola il sistema immunitario. La tecnica dell’infuso prevede che si porti l’acqua a ebollizione e poi si metta una manciata di aghi sminuzzati in infusione per 5 minuti. Un’altra parte edibile sono le infiorescenze maschili che si trovano sulle punte dei rami e possono essere raccolte a fine primavera, inizio estate. Queste si possono mangiare dopo bollitura, oppure si può raccogliere il polline da utilizzare come sostituto dell’amido di mais o della farina. La parte commestibile più conosciuta sono sicuramente i pinoli, che non sono altro che i semi di queste pinte. Essi contengono proteine e vitamina B1, sono situati all'interno delle pigne e se queste sono ancora chiuse si possono arrostire sul fuoco per farle aprire. I Pinoli possono essere consumati crudi, arrostiti o macinati per fare una farina. Tutte le specie di pino producono pinoli, ma solamente alcune producono pinoli abbastanza grandi perché valga la pena raccoglierli (Pinus pinea). L’ultima parte commestibile di cui ti parlerò, quella più particolare e meno conosciuta, è la corteccia interna; questa ha un colore bianco e si trova appena sotto la corteccia esterna. Questo strato prende il nome di Fellogeno o Cambio del Sughero e devi sapere che è molto importante per la vita dell’albero in quanto serve a proteggere le parti interne dall’attacco dei patogeni e degli agenti atmosferici. In pratica, la corteccia si spacca con la crescita, il fellogeno quindi produce il sughero che isola l’interno dell’albero proteggendolo dai patogeni. La corteccia interna si può mangiare così com’è oppure va essiccata e macinata per farne una farina molto nutriente. Ovviamente non raccogliere la corteccia interna a meno che non ci sia una reale situazione di emergenza, perché così facendo crei un danno all'albero.
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La rosa canina è un arbusto spinoso che può raggiungere i due metri d'altezza, facente parte della famiglia delle Rosacee. La si può trovare allo stato selvatico in tutte le zone temperate del mondo ed è la specie di rosa più diffusa in Italia. Cresce in collina ed in campagna, ad altitudini fino a 1600 metri, soprattutto su aree vaste e molto soleggiate ma è possibile trovarla anche al margine di boschi o boscaglie in qualità di arbusto pioniero. Questa rosa fiorisce verso maggio-giugno, con delle rose poco profumate e dai colori tenui, la bacche invece raggiungono la maturazione durante i primi freddi dell'inverno. Le bacche, caratterizzate da un colore rosso e da una consistenza carnosa, sono dei falsi frutti; esse derivano dalla modificazione del ricettacolo fiorale e contengono al loro interno degli acheni che sono i frutti veri e propri della rosa canina. La caratteristica più importante della bacca di rosa canina è il suo altissimo contenuto in vitamina C, infatti a parità di peso, queste vantano 40 volte la vitamina C contenuta nelle arance. La vitamina C è un potente antiossidante che contribuisce a migliorare le nostre difese immunitarie ed a ostacolare i radicali liberi e quindi l'invecchiamento cellulare. Inoltre stimola la sintesi di collagene, una proteina che fa parte del tessuto cutaneo, delle ossa e delle cartilagini, dei tendini e dei vasi sanguigni. Oltre alla vitamina C le bacche contengono anche bioflavonoidi, sali minerali e tannini che rendono le bacche utili in caso di diversi disturbi. I preparati a base di rosa canina quindi sono tonici per il corpo affaticato e sotto stress, sono disintossicanti, antinfiammatori, migliorano la circolazione sanguigna, stimolano il sistema immunitario e grazie ai tannini, contenuti in grande quantità, risultano preziosi per curare fenomeni di natura diarroica. Il periodo migliore per la raccolta è novembre, dopo le prime gelate, in modo da avere un buon contenuto di vitamina C e un gusto non troppo aspro. Una volta raccolte, prima di essere consumate, le bacche vanno aperte per rimuovere i semi interni e i peletti. La bacca è piuttosto piccola e coriacea, per la rimozione dei semi ti consiglio di usare un coltello oppure un cucchiaino e di indossare dei guanti, i peletti sono leggermente urticanti. Per incamerare il maggior quantitativo di vitamina C, il modo migliore è senz'altro quello di mangiare le bacche mature e fresche, cioè appena raccolte e private dei semi interni. Già con l'essiccazione si perde una parte di vitamina C e lo stesso avviene in tutte quelle preparazioni che prevedono l'utilizzo di calore, come i decotti o le tisane. Per la tisana si utilizzeranno i cinorroidi essiccati, circa un cucchiaino da lasciare in acqua bollente per 10 minuti. Per il decotto invece si possono utilizzare i cinorroidi interi, immersi in acqua bollente per 10 minuti oppure mediante l'infusione a freddo; si scalda l’acqua a temperatura corporea e si lasciano le bacche in infusione per 6 ore circa. Le bacche in fine possono essere anche utilizzate per preparare sciroppi, liquori e marmellate.
Il castagno (Castanea sativa) è un albero molto longevo, diffuso in tutta la penisola nei boschi collinari che vanno dai 200 agli 800 metri sul livello del mare. Presenta una corteccia, di colore grigio-brunastro che tende a screpolarsi con il passare degli anni, le foglie sono di forma lanceolata e con margine seghettato. Questo albero, in passato, ha rappresentato un'importante risorsa per le popolazioni rurali collinari e montane, sia dal punto di vista alimentare sia per il suo legno. Nell'ultimo secolo purtroppo i boschi di castagno si sono ridotti di molto a causa delle mutate condizioni economiche e a causa di una serie di patologie legate all'azione di alcuni parassiti. I boschi di castagno non più gestiti tendono a sparire sopraffatti da altre specie arboree maggiormente competitive. Come detto in precedenza, quest’essenza arborea ha garantito la sussistenza alle popolazioni rurali grazie alle sue peculiarità. Il legno di castagno è molto ricco di tannini, ha un'ottima resistenza all'umidità ed agli agenti atmosferici, non è sensibile alle variazioni di temperature e, per queste ragioni, veniva utilizzato per tutta una serie di costruzioni come serramenti, infissi, travi e paleria varia. Come legna da ardere si comporta bene in caso di buona stagionatura, infatti il suo potere calorico è inversamente proporzionato alla quantità di tannino in esso contenuto (maggiore è la stagionatura e maggiore sarà la resa). Il tannino, estratto dal legno, veniva utilizzato per la concia delle pelli. Il castagno produce frutti denominati castagne, destinate da sempre all’alimentazione umana. La castagna è un alimento molto nutriente ed energetico, molto simile ai cereali dal punto di vista nutrizionale. Ha un contenuto calorico di circa 200 kcal in 100 grammi, è molto ricca di amido, vitamine del gruppo B e possiede una buona percentuale di sali minerali quali: potassio, fosforo, sodio, magnesio, calcio e ferro. Il periodo migliore per la raccolta inizia dalla seconda metà di ottobre. Le castagne si possono mangiare crude, lesse oppure arrostite sul fuoco. Se si lasciano seccare poi si possono macinare per ricavare una farina che può essere usata per varie ricette tra cui il castagnaccio. Riconoscere le castagne non dovrebbe essere un problema, esiste però un albero simile originario dei Balcani, l'Ippocastano (Aesculus hippocastanum). Questo è un albero utilizzato spesso come ornamentale in parchi e giardini, si distingue dal castagno per la forma delle foglie: il castagno le ha semplici, inserite alternate sul ramo, l'ippocastano le ha composte. Sono diversi anche i ricci, quelli del castagno sono ricoperti da aculei sottili molto fitti, quelli dell'ippocastano presentano aculei radi e tozzi. La castagna matta, il seme dell’ippocastano, ha un sapore amaro ed è leggermente tossica quindi non commestibile. |
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Marzo 2022
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