I boschi esistono da sempre e fin dagli albori della sua storia l'uomo ne ha fatto uso per soddisfare i propri bisogni. Soprattutto a partire dal XIX secolo ci fu una fase di sfruttamento intensivo e spesso eccessivo dei boschi italiani da cui veniva ricavato il legname utilizzato nelle aziende in pieno sviluppo industriale e per la costruzione di nuove linee ferroviarie. Il risultato di tale sfruttamento fu la riduzione della superficie forestale sul territorio nazionale tanto che negli anni Trenta si stimava vi fossero circa 4 milioni di ettari di bosco (Agnoletti M., The Italian Historical Rural Landscape) contro gli 11 di oggi. Per far fronte a questa situazione nel secondo dopoguerra furono promulgate le prime leggi volte alla protezione del patrimonio boschivo e parallelamente iniziarono i primi rimboschimenti. Inoltre attorno agli anni ’60 le mutate condizioni economiche diedero il via ad un massiccio spopolamento delle montagne e delle zone rurali marginali; tale processo, in maniera indiretta, ha trasformato il paesaggio di queste zone verso assetti più “naturali” grazie alla riconquista da parte del bosco dei terreni una volta gestiti dal uomo. In Italia, il rimboschimento spontaneo interessa maggiormente i terreni montani e collinari utilizzati in precedenza come coltivi, pascoli e prati. Le cause dell’abbandono dei terreni agricoli e dei pascoli sono da ricercare nei cambiamenti socio-economici, avvenuti in modo determinante in Italia a partire dagli anni cinquanta del secolo scorso. I nuovi modelli sociali e culturali, uniti alla continua perdita di infrastrutture e servizi basilari per le comunità, hanno causato un lento ed inesorabile abbandono delle zone montane. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una progressiva migrazione della popolazione dai monti alla pianura che ha causato l’abbandono delle attività agricole tradizionali, quali la pastorizia e le pratiche seminative. Negli ultimi decenni i dettami dell'economia hanno portato grosse modificazioni all'agricoltura e in modo particolare all'alpicoltura con il conseguente abbandono dei terreni un tempo adibiti a tali pratiche. I pascoli e i prati da sfalcio, frutto di una convivenza secolare tra uomo e natura, vengono ormai lasciati a libera evoluzione. La vegetazione soggetta a coltura, una volta abbandonata, tende a espandersi e a riprendere possesso delle aree che occupava in precedenza, così si assiste ad un avanzamento delle specie arboree e arbustive sui territori che fino a pochi decenni fa erano dominio dell'uomo. In alcuni casi però le trasformazioni del paesaggio sono causate anche dai cambiamenti climatici, soprattutto dal riscaldamento della Terra cui si attribuisce parte della responsabilità dell’innalzamento del limite superiore del bosco. I dati sulla situazione boschiva italiana possono essere reperiti dalla terza edizione del rapporto INFC, cioè l’Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi Forestali di Carbonio (INFC 2015), che segue l'edizione del 2005 (INFC 2005) e il primo vecchio censimento del '85 (INFC 1985). Secondo il censimento 2015 ad oggi la superficie forestale complessiva, che comprende anche arbusteti, boscaglia e formazioni rade, è pari a 10,9 milioni di ettari, con una crescita annua del 0,6%. Nel decennio 2005 - 2015 la superficie forestale è aumentata di 600.000 ettari passando da 10.345.282 ettari del 2005 a 10.982.013 ettari odierni, coperti da circa 20 miliardi di alberi. In prima battuta questi dati potrebbero trarre in inganno e far pensare che il forte aumento della superficie boscata nelle aree montane e collinari costituisca un processo esclusivamente positivo. In realtà assieme ad alcuni aspetti positivi, come il ritorno dei grandi carnivori che trovano nuovi corridoi ecologici per muoversi, l’aumento del numero di ungulati e la capacità di assorbire nuove quantità di carbonio, esistono una serie di elementi negativi legati al proliferare dei boschi. lo sviluppo incontrollato di nuove aree boscate causa una perdita di ecosistemi e di habitat specifici, fondamentali per la vita di alcune specie, come ad esempio il Re di Quaglie (Crex crex) piccolo uccello legato alla presenza di prati falciati. Un altro aspetto negativo riguarda la diminuzione di bio-diversità con la perdita di quelle associazioni erbacee ed arbustive più basse e aperte, spesso ricche di specie endemiche e piante da fiore geofite. Oltre agli aspetti ecologici ci sono delle ricadute negative anche per gli aspetti sociali; i nuovi boschi portano ad una perdita di terreni produttivi che spesso sono la base per prodotti alimentari di alta qualità, inoltre causano la perdita dei tipici paesaggi alpini o collinari, caratterizzati da pascoli alternati a boschetti messi in comunicazione da mulattiere o sentieri. Sempre più di frequente i paesi nei fondovalle sono lambiti o inglobati dal bosco e viene a mancare quella fascia prativa di sicurezza contro gli incendi o contro pericolosi parassiti come le zecche. Dal punto di vista della fissazione del carbonio quest'aumento incontrollato effettivamente porta ad una maggior quota di carbonio fissato (1.24 miliardi di tonnellate di carbonio organico, IFNC 2005) aiutando l'Italia ad avvicinarsi agli obiettivi imposti dalle politiche climatiche internazionali. Risulta però errata la credenza che tali boschi possano contrastare la deforestazione nelle zone equatoriali (i veri polmoni della terra) dove i tassi di fissazione del carbonio e di deforestazione sono di gran lunga superiori rispetto al rimboschimento nostrano.
In conclusione è fondamentale sottolineare come questa espansione sia dovuta solo in parte ad interventi di rimboschimento mirati (1700 ettari/anno, INFC); in realtà tale processo è causato principalmente dal progressivo abbandono delle zone rurali e delle attività agro-pastorali nei territori marginali. L’aumento incontrollato delle superfici boscate non porta solo aspetti positivi ma causa anche una serie di problematiche non indifferenti. Gestire un bosco significa attuare una serie di processi normativi e operativi; cure colturali che permettano di garantire un corretto sviluppo delle superfici boscate, un'oculata raccolta del legno morto che garantisca un'alta biodiversità all'ecosistema e solo come ultimo passo il taglio di parte del soprassuolo forestale. L'uomo deve impegnarsi a riprendere la gestione del patrimonio boschivo per poterci non solo convivere ogni giorno, ma anche e soprattutto produrre quei beni e servizi che altrimenti la natura da sola non ci fornirà mai. Leggi anche:
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Marzo 2022
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