La montagna, come ogni altro ambiente naturale, presenta dei pericoli ai quali bisogna essere preparati per evitare che una tranquilla giornata all’aperto si trasformi in un incubo. Le montagne con il loro ambiente naturale, quasi incontaminato, appartengono ancora ad una parte del territorio terrestre dove l’impronta dell’uomo è meno visibile e si riduce a poche opere di prevenzione dei pericoli rispetto alla vastità di itinerari percorribili. Perciò per frequentare la montagna con un discreto margine di sicurezza, risulta indispensabile conoscere quali siano quei fattori intrinsechi dell’ambiente in cui ci troviamo che possono rappresentare un’insidia per l’escursionista. Il pericolo solitamente viene definito come una proprietà intrinseca di un determinato fattore che potenzialmente può causare dei danni e nel caso si parli di pericolo in ambito montano, questo viene suddiviso in due categorie; il pericolo oggettivo, legato alla natura stessa della montagna e alle condizioni meteo ed il pericolo soggettivo, che dipende esclusivamente dalla persona stessa e dalle sue azioni. La separazione di queste forme di pericolo non è sempre facilmente distinguibile, il più delle volte oggettivo e soggettivo sono talmente legati tra loro che l'uno è tale solo perché innesca l'altro. Al di là delle distinzioni puramente formali ciò che risulta importante è capire che per ridurre i pericoli a cui siamo sempre esposti in montagna dobbiamo e possiamo agire solamente sulle nostre azioni e sui nostri comportamenti, ovvero sulla componente soggettiva. I pericoli oggettivi sono in genere imprevedibili e non legati alle nostre azioni, tuttavia si possono attenuare con l’esperienza e la pratica della montagna, ad esempio l’uso del casco in ambiente roccioso. Bisogna sempre ricordare che le montagne con le loro vette non sono una realtà immutabile nel tempo, ma sono soggette ad un processo di progressiva modificazione che può causare frane e valanghe. Altre fonti di pericolo sono i temporali improvvisi o il morso di animali pericolosi come le zecche o le vipere; argomenti che ho già trattato in precedenti articoli. I pericoli soggettivi sono, secondo le statistiche del soccorso alpino, la causa principale di incidenti in montagna e dipendono dallo scarso allenamento, dalla mancanza di tecnica e di preparazione, da distrazione e da un equipaggiamento inadeguato. Da quanto detto fin ora risulta evidente come ogni escursione vada preparata in modo accurato, scegliendo la meta a seconda della stagione, delle condizioni del tempo, del numero e del grado di allenamento dei partecipanti e opportunamente equipaggiati. Per effettuare un’escursione in sicurezza vanno seguite delle linee guida che possono essere condensate in sei punti;
Fatto salvo gli eventi imponderabili, che alcune volte hanno coinvolto anche i grandi alpinisti, sono le persone che spesso dimostrano superficialità e presunzione. La montagna non è mai assassina e mai è da criminalizzare; se affrontata con la giusta predisposizione, in tutte le sue forme ed in tutte le stagioni è semplicemente meravigliosa. Link: http://www.cnsas.it/ http://portale.sicurinmontagna.it/saslpor/portale/jsp/pages/index.jsp
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Il crescente interesse per l’escursionismo con il conseguente aumento di camminatori e frequentatori delle montagne ha fatto sì che già da diversi anni sia in atto un’organizzazione razionale della rete di sentieri e mulattiere che fin dai primi albori della civiltà hanno garantito la connessione del fondovalle ai pascoli o alle malghe e tra le diverse valli. In Italia la sentieristica di Alpi e Appennini (oltre 60.000 Km) è gestita dal CAI, il Club Alpino Italiano. Il CAI è un’associazione costituita da soci volontari riuniti in sezioni e sottosezioni che vengono coordinate in raggruppamenti regionali. Secondo la legge italiana il CAI è l’organismo che deve provvedere al tracciamento, alla realizzazione e alla manutenzione di sentieri, opere alpine e attrezzature alpinistiche. Dal 1990 è attivo il progetto denominato “Sentiero Italia”, che ha dato il via ad un grande progetto di pianificazione e uniformità della segnaletica a livello nazionale che ancora oggi prosegue nell’ottica di una gestione più efficiente della rete sentieristica. Al fine di gestire nel migliore dei modi la sentieristica nazionale il territorio italiano è stato suddiviso in zone che solitamente identificano una provincia o una regione. Ciascuna zona viene poi suddivisa in settori i quali definiscono una porzione di territorio con caratteristiche geografiche e morfologiche omogenee, all’interno dei quali si possono trovare fino ad un massimo di 99 sentieri. Qualora la rete complessiva dei sentieri risulti molto estesa viene effettuata un’ulteriore suddivisione della zona che prende il nome di area. Ciascun area conterrà un massimo di nove settori. Ogni sentiero viene identificato sul terreno attraverso una numerazione a tre cifre; la prima cifra individua il settore di attribuzione; le altre due identificano il numero del sentiero all'interno del settore. Se presente una suddivisione in aree il numero a tre cifre può essere anticipato da una lettera maiuscola che identifica l’area (es. sentiero N101: area N, settore 1, sentiero 01). I colori adottati dal CAI per la segnaletica sono il bianco e il rosso che vengono utilizzati sia per la segnaletica orizzontale che per quella verticale. Il colore rosso è ben visibile di giorno, spicca sulle cortecce degli alberi e sul grigio delle pietre, ancor di più quando il bosco è innevato; il segno bianco, invece, è riflettente di notte alla luce delle frontali e si accende nel buio del bosco. La segnaletica verticale, posizionata su appositi sostegni, generalmente è costituita da tabelle contenenti informazioni sulle località di destinazione, tempi di percorrenza e il numero del sentiero. La segnaletica orizzontale invece è formata da segnavia a vernice posti su massi o tronchi lungo il sentiero per dare l’informazione di continuità e conferma del percorso. Le più comuni tabelle previste per la segnaletica verticale sono la tabella segnavia, la tabella di località e il tabellone;
tabellone: è un pannello informativo posizionato nei principali luoghi d’accesso alle reti sentieristiche, riporta note di carattere storico/ambientale, una cartografia schematica e l’elenco degli itinerari. La segnaletica orizzontale è formata da segnavia semplice, segnavia a bandiera, picchetto segnavia e ometto in pietra;
Assieme ai segnali bianco rossi possiamo trovare nei boschi (soprattutto quelli gestiti) dei segni giallo rossi o blu bianchi, questi solitamente sono simboli tracciati dalla Forestale per segnare le particelle boschive, ovvero la suddivisione delle varie zone di bosco. Tali segnali, spesso accompagnati da un numero che identifica la particella, non indicano alcun sentiero ma in caso di smarrimento seguendoli in "su o in giù" potrebbero condurci ad una strada o un sentiero. Sentieri tematici tracciati da enti differenti dal CAI, come pro loco o associazioni naturalistiche, possono avere delle differenti indicazioni che solitamente vengono indicate in un tabellone all’inizio dell’itinerario. Le conoscenze base della segnaletica dell’escursionismo dovrebbero essere un bagaglio fondamentale per chiunque decida di avventurarsi lungo i fantastici itinerari di Alpi e Appennini. La conoscenza dei diversi segnavia e soprattutto del numero del sentiero riduce in maniera sensibile la possibilità di perdersi e, in caso di incidente, permette ai soccorsi di raggiungerci nel più breve tempo possibile.
I temporali sono una delle manifestazioni più spettacolari della potenza della natura. Tutti noi almeno una volta ci siamo soffermati ad osservare le spettacolari forme delle shelf clouds oppure l'ipnotico lampeggiare dei fulmini che disegnano istantanee vene luminose nel cielo. Possiamo definire i temporali come dei fenomeni convettivi che portano a precipitazioni intense, grandinate e scariche elettriche (fulmini). Si sviluppano all'interno della Troposfera terrestre (8 – 16 Km) e possono essere classificati in tre categorie a seconda di come si formano.
In particolari zone geografiche, ad esempio dove i rilievi non distano molto dalla costa si possono formare i temporali orografici. Questi si innescano quando il flusso negli strati medio bassi dell’atmosfera costringe l’aria a sollevarsi per la presenza delle montagne. Se l’atmosfera è instabile al di sopra di una certa quota si possono sviluppare i temporali orografici.
Con il passare delle ore le nuvole si ingrandiscono prendendo una forma a incudine (cumulonembi) finché non si forma la cella temporalesca che dà vita a fenomeni intensi, localizzati e brevi (60 minuti circa). Questi fenomeni sono più probabili nella stagione calda al pomeriggio sera. Per i temporali di calore e per quelli orografici non è possibile prevedere il loro sviluppo con precisione, tuttavia è possibile dare una stima della probabilità di accadimento di questi fenomeni nell’arco di una giornata. Questi temporali sono quelli più pericolosi per l’alpinista o l’escursionista in quanto si sviluppano in modo repentino e causano fenomeni intensi, proporzionali alla temperatura e all’umidità dell’aria. Risulta quindi fondamentale, prima di un’escursione, consultare le previsioni del tempo locali e il bollettino meteo emesso dal previsore dove, se le condizioni sono favorevoli, verrà riportata la possibilità della formazione di temporali solitamente nel pomeriggio. Durante un’escursione a rischio temporali (forte irraggiamento, caldo e umido) è importante prestare attenzione a dei segnali premonitori che possono indicare il probabile formarsi di un temporale. I segnali tipici sono la presenza di aria calda e molto umida già dalle prime ore del mattino, la formazione di cumuli torreggianti già dal mattino, un repentino abbassamento della pressione atmosferica (variazione misurata in tre ore) e raffiche di vento freddo, forti e regolari. Non tutte le nubi sono pericolose, spesso d’estate è possibile notare in cielo nubi a limitato sviluppo verticale, i cumuli di bel tempo, le quali non causano fenomeni temporaleschi. La parte più pericolosa dei temporali sono i fulmini, scariche di corrente elettrica generate dalla differenza di potenziale che viene a crearsi tra la parte bassa delle nubi e il suolo o tra le diverse nubi. Un fulmine è formato da una componente luminosa, il lampo e da una componente sonora, il tuono. La scarica elettrica produce un enorme quantità di calore (30.000 °C) che riscalda l’aria attorno al canale ionizzato (porzione di atm dove passa il lampo) causando un’espansione dell’aria con conseguente onda d’urto. La luce e il suono hanno delle velocità differenti in atmosfera (300.000 Km/s vs 340 m/s) per cui prima vediamo il lampo e poi udiamo il tuono. In generale l’orecchio umano non è in grado di udire tuoni a distanze superiori ai 20 – 25 chilometri. Ora che sappiamo cosa sono i fulmini vediamo cosa fare per evitare di essere colpiti durante un’escursione in montagna. La prima cosa da fare è abbandonare immediatamente la cima della montagna, le zone esposte e allontanarsi da oggetti metallici come croci, piloni o antenne. Bisogna evitare di essere l’unico oggetto verticale in un pianoro e non bisogna sostare al di sotto di alberi isolati, ci si può riparare al di sotto di un bosco fitto non sostando sotto gli alberi più alti e prestando attenzione a non toccare il tronco o le radici dell’albero. Allontanatevi da laghi, corsi d’acqua e dai percorsi attrezzati con cavi metallici, sono tutte situazioni in cui la corrente viene condotta molto bene e il rischio di essere folgorati è molto alto. In presenza di terreno aperto è bene assumere una posizione accucciata con la testa tra le ginocchia, le braccia attorno alle gambe e i piedi uniti. Questa posizione garantisce la massima sicurezza e previene il pericolo di essere folgorati dalla corrente di passo; un fulmine non scarica tutta la sua energia nel punto in cui cade, la corrente “galleggia” sulla superficie del suolo per alcuni metri. Se possiamo sentire il crepitio della corrente nell'aria è cosa buona appoggiare lo zaino con gli oggetti metallici ed elettronici ad almeno trenta metri di distanza. Bivacchi, rifugi o cabine sono luoghi sicuri a patto che non tocchiate elementi in ferro attaccati alla struttura (Gabbia di Faraday). I ciclisti devono prestare attenzione alle loro bici in quanto possono attrarre i fulmini. Queste sono le regole base da osservare se veniamo colti da un temporale in montagna e devono essere l’ultima possibilità per evitare spiacevoli incidenti. Come sappiamo andare in montagna comporta una componente di rischio estrinseco che dipende dalle nostre scelte. A parte casi estremi, ritengo che i temporali ricadano nella componente del rischio estrinseco, per cui bisognerà adottate delle misure di prevenzione del rischio come la consultazione delle previsioni del tempo e la pianificazione del percorso per evitare di trovarsi in tratti pericolosi durante un eventuale temporale. Un ultimo consiglio, valido in tutte le situazioni, è quello di mantenere la calma, non farsi prendere dal panico e ragionare bene sul da farsi; è inutile correre per i sentieri rischiando di scivolare e di farsi male aggravando così la situazione di pericolo.
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Marzo 2022
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