Finalmente la neve, non molta, caduta abbondante solo sulle Giulie, ma tanto basta per tirare fuori le ciaspole dalla naftalina e affrontare la prima escursione in ambiente nevoso della stagione. Tra le poche alternative percorribili decidiamo di puntare sul tarvisiano, raggiungeremo malga Rauna e la cappella Zita partendo da Valbruna. Questo itinerario sembra fatto su misura per la stagione invernale, il punto di partenza è facilmente raggiungibile, basta risalire la strada per la val Saisera fino a raggiungere il limite del paese di Valbruna, in corrispondenza delle ultime abitazioni, poco dopo aver lasciato sulla sinistra l'ultimo bivio utile per entrare in paese, appare chiaramente il segnavia CAI 607 per malga Rauna dove è possibile lasciare l'auto nell'area di sosta che si trova di fronte all'imbocco del sentiero. Dal piccolo parcheggio imbocchiamo la carrareccia che si inoltra nel bosco in salita, i -8 segnati dal termometro ci danno la spinta per procedere spediti lungo la strada fino al secondo tornante dove ci fermiamo per calzare le ciaspole. Proseguiamo sempre sulla strada lasciando perdere le deviazioni per il CAI 607 che taglia il bosco con un percorso a maggiore pendenza. La pista prosegue alternando tornanti a tratti più ripidi all'interno di un bosco misto di Faggi e Abeti, dopo aver oltrepassato un falsopiano in ombra usciamo allo scoperto attraversando una piccola conca dalla quale si gode di un bello scorcio sul villaggio del Lussari. La strada inverte più volte la direzione assecondando i tornanti, il bosco muta in faggeta pura fino a diradarsi, ormai la nostra meta è molto vicina; lasciata a destra la deviazione per sella Nebria decidiamo di tagliare le ultime svolte raggiungendo malga Rauna da dietro su di un candido manto immacolato. La piccola struttura in legno presenta un tavolo, alcuni armadietti e due ripiani per dormire; dietro questa c’è una costruzione più recente ma chiusa, una tettoia con spolert e numerose panche completano gli arredi del pascolo. Sono passate due ore dalla partenza e dopo una sosta per mangiare qualcosa riprendiamo il CAI 607 fino a giungere, dopo pochi minuti, nei pressi della cappella Zita, costruzione eretta nel 1917 dai fanti austriaci in onore dell’imperatrice d’Austria. L’itinerario classico prevede il rientro a valle per la stessa strada ma vista la bella giornata e le ottime condizioni della neve, prendiamo la decisione di chiudere il nostro giro con un anello. Dalla cappella proseguiamo sul CAI 607 fino a giungere al bivio con il sentiero che proviene dallo Jof di Miezegnot, il sentiero non è battuto ma grazie alla ciaspole avanziamo agilmente immersi in una splendida abetaia. Dal bivio il sentiero prende la numerazione 608 e con una serie di stretti tornanti in un ambiente candido e fiabesco ci consente di raggiungere i pascoli di malga Strechizza (1359 m). La malga è adagiata in un’ampia radura sita al cospetto delle imponenti bastionate dello Jof di Miezegnot, un bagliore sulla cima attira la nostra attenzione; deve essere la croce di vetta illuminata dal sole. Dopo una brevissima risalita su carrareccia giungiamo in una radura più piccola con una splendida casa ristrutturata, il sentiero che scende alla forcella Nebria parte nei pressi di un particolare tronco di abete, posto sul limite orientale del bosco. Il sentiero scende nel bosco con tratti abbastanza ripidi, alternati a lunghi traversi fino ad arrivare all’ampia forcella Nebria. Ormai siamo quasi a Valbruna, l’ultimo tratto lo percorriamo su una carrareccia che porta sempre il segnavia numero 608. La carrareccia sbuca sulla strada che porta in val Saisera proprio all’inizio del paese, non ci resta che tornare all’auto seguendo la strada asfaltata. Resoconto: Itinerario perfetto per una ciaspolata, il punto di partenza è facilmente raggiungibile e la strada che sale a malga Rauna presenta pendenze costanti e solo in alcuni tratti impegnative. I più allenati potranno accorciare la salita utilizzando il CAI 607 che taglia diversi tornanti. Per il rientro è possibile compiere un anello passando per malga Strechizza (file GPS), itinerario che consiglio solo ai più esperti in quanto nevicate abbondanti possono coprire i segnavia nel bosco.
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Ore 8:16 presso l’hotel Carnia, questo è il punto di ritrovo per la prima escursione del 2017. La meta sarà la creta dei Rusei in val Alba con un itinerario rivisitato rispetto a quello tradizionale, raggiungeremo la cima passando per il panoramico sentiero Palis d’Arint. Superato Moggio Udinese si percorre la strada della val d’Aupa fino all’incrocio per l’abitato di Pradis da dove parte la strada che in circa 5 km raggiunge il parcheggio posto a quota 1040 metri. Dal parcheggio seguiamo il CAI 428a che attraverso una faggeta ci porta fin sul greto del rio Alba per poi risalire al rifugio Vualt, durante il percorso si incontrano le deviazioni per il CAI 450 e per il ricovero Bianchi. In circa mezz’ora siamo al rifugio; situato in una panoramica radura presenta all’esterno una fontana e un grande tavolo, all’interno il vecchio e fumante fogolar è stato sostituito da un efficiente spolert in muratura. Dopo una breve sosta per togliere le giacche ripartiamo prendendo il CAI 425 proprio dietro il rifugio e in circa venti minuti raggiungiamo forcella Vualt immersi in una spettacolare faggeta composta da innumerevoli fusti coetanei. Qui veniamo accolti da un vento glaciale che ci porta ad imboccare rapidamente sulla destra il sentiero bollinato di blu “Palis d’Arint”; da subito la pendenza è impegnativa, il sentiero percorre piccole cenge, si inerpica lungo canaloni erbosi contornati da verdi mughi fino ad arrivare a brevi passaggi in cresta sempre in sicurezza e mai troppo esposti. Durante l’ascesa i versanti si alternano permettendo di godere di splendidi scorci sulla Grauzaria verso ovest, sul Chiavals e lo Zuc dal Bor verso est. Superato l’ultimo faticoso canale erboso giungiamo sul monte Vualt (1725 m), piccola cima panoramica su cui si erge un’essenziale croce in legno. Davanti a noi appare il piccolo ricovero Ciasut dal Scior (1744 m), gestito in modo impeccabile dai volontari di Dordolla, che raggiungiamo in pochi minuti scendendo dal monte Vualt. Dopo un paio di foto e un bicchiere di tè caldo ripartiamo per la nostra meta seguendo il CAI 422 che in discesa su di un sentiero perfetto ci porta a lambire la forcella Forchiadice (1612 m) prima di riprendere la salita verso la creta dai Rusei attraverso il CAI 425. L’ambiente in cui ci muoviamo è cambiato, il sentiero prende quota ricalcando una vecchia mulattiera attraverso i mughi su terreno roccioso e friabile, poco prima dei resti della casermetta a quota 1890, si stacca sulla sinistra la traccia segnalata (segno rosso giallo) che sale alla creta dei Rusei. Tale deviazione permette di raggiungere la vetta (1920 m) e richiede attenzione per l’esposizione e per un tratto ripido detritico. Dalla cima si gode di un ampio panorama, dietro il Chiavals si riconosce il massiccio del Montasio e il gruppo del Canin; verso la Carnia, Grauzaria e Sernio si ergono maestosi in primo piano, apena dietro fa capolino lo Zoncolan percorso dalle bianche piste, oltre i giganti austriaci con le vette imbiancate. Scesi dalla cima e tornati sulla mulattiera proseguiamo verso sinistra per raggiungere i resti di una casermetta militare e di una galleria che trafora la montagna, dopo averla visitata proseguiamo sempre sul CAI 425 verso forcella della Vacca. Dopo aver perso un centinaio di metri giungiamo sotto una parete verticale alla base della quale ci sono i resti di un piccolo ricovero, poco dopo sulla destra parte una vecchia traccia segnata con qualche sporadico pallino blu (tratteggio nero su Tabacco). In perfetto stile “ravanage” scendiamo rapidamente seguendo la traccia molto sdrucciolevole a causa dei detriti, cinque camosci non sembrano molto infastiditi dalla nostra presenza e continuano la loro ascesa su di un canalone impervio. Superato il tratto detritico la traccia vira nel bosco, ora il passo è più sicuro e spedito, in breve sbuchiamo proprio dietro l’ex ospedale militare. Da qui seguendo prima il sentiero che ricalca il percorso del gasdotto e poi la strada forestale ripassiamo per il rifugio Vualt e torniamo al parcheggio, molto soddisfatti per aver compiuto questo insolito anello. Resoconto: La val Alba è un piccolo gioiello collocato nel settore orientale delle Alpi Carniche meridionali, racchiude in sé un notevole esempio di ambiente alpino pressoché incontaminato che può essere visitato attraverso diversi percorsi ad anello. L’itinerario qui proposto permette di attraversare tutti gli ambienti caratteristici di questa valle, richiede però un buon allenamento e una certa capacità di passo su ambiente roccioso.
Il monte Guarda è l’estremo rilievo della lunga cresta sud del Canin, separa la val Resia dalla valle dell’Isonzo e permette di godere di una splendida vista sulle Alpi Giulie e sui monti sloveni; la cima si può raggiungere con diversi itinerari, il più semplice dei quali parte da malga Coot. Noi per l’escursione odierna abbiamo scelto di partire da Uccea, ultimo abitato prima del confine di stato sulla strada che collega Tarcento con Saga. L’appuntamento è per le 6:45 a Tarcento, caffè rapido al bar in piazza e via verso l’alta val Torre. Superato il passo di Tanamea la strada scende tra numerose curve fino al paese di Uccea (630 m). Il paese formato da una ventina di edifici non è completamente abbandonato, luci di natale testimoniano quali siano le case ancora abitate; il sole è appena sorto (7:40) ma la luce è ancora poca, la catena del Granmonte nasconde il sole e la brina ricopre ogni cosa. Il sentiero (CAI 733) ha inizio nei pressi del cimitero e fin da subito si inerpica ripido lungo le pendici del monte Caal; camminiamo su di un tappeto rosso di foglie immersi in un bosco di faggio, passando accanto a stavoli diroccati e vecchi pascoli in cui la rinnovazione si sta rapidamente impadronendo di ciò che l’uomo gestiva fino a pochi anni fa. Il sentiero prosegue ripido fino ad una radura posta dopo altri stavoli dove si insinua in un solco roccioso con alcuni gradini, superato questo tratto rientriamo nel bosco per percorrere alcuni tornanti che ci portano ad una seconda radura con un grande stavolo ancora in piedi. Passato il filo di una vecchia linea d’esbosco, con un paio di tornanti il sentiero raggiunge il fianco ovest del monte Caal da dove ha inizio il traverso che conduce ad una selletta a quota 1236 metri. Superato questo punto siamo in vista della casera Caal (1.208 m) che raggiungiamo dopo aver percorso il sentiero che taglia il versante nord del monte Caal e i pascoli della casera. Ad ogni mia visita la casera è sempre più bella, i ragazzi che la gestiscono fanno davvero un gran lavoro; dalla nostra partenza è passata un’ora e mezza, ottimo tempo, ma non possiamo fermarci a lungo, la nostra meta è ancora lontana. Riprendiamo il sentiero già percorso fino al bivio per il monte Plagne da dove parte una bella mulattiera che ci porta a risalire i ripidi prati alpini del monte Banera. Dopo un’oretta raggiungiamo la cresta da cui si apre una spettacolare vista sulla val Resia e sul gruppo del Canin; la giornata è splendida, fin ora fa caldo per il periodo ma in cresta un vento gelido proveniente da nord ci ricorda che siamo al 28 di dicembre. Da qui seguiamo il sentiero CAI 731 che segue la cresta a tratti sinuosa ma mai troppo stretta o esposta e ci porta dapprima al monte Plagne (1663 m) e infine alla cima del monte Guarda. La vista da questa cima è davvero particolare, con i suoi 1720 metri costituisce la testata della Val Resia e permette di dominare con lo sguardo buona parte della valle dell'Isonzo; non a caso gli Alpini la occuparono da subito nel primo conflitto mondiale per formare la terza fascia difensiva del Regio Esercito. Dopo alcune foto decidiamo di proseguire ancora un pezzettino e raggiungere il bivacco Costantini per pranzare al riparo dal fastidioso vento freddo; seguendo il sentiero in circa mezzora raggiungiamo lo sperone Mulaz sotto il quale è situato il bivacco in lamiera rossa. Verso le 12:30 decidiamo di ripartire, seguiamo il sentiero percorso all’andata fino al bivio per Uccea dove proseguiamo in cresta per il CAI 731 verso il monte Nische. Il sentiero percorre la lunga dorsale che collega il monte Plagne con il monte Nische, percorriamo di buon passo i prati di cresta abbassandoci lentamente di quota fino a che incontriamo i primi boschetti di carpino. Per un breve tratto il sentiero piega sul versante nord, poi entra in una splendida abetaia nei pressi della cima del monte Chila, dove sono presenti i resti dell’omonima casera e parte il sentiero per la discesa verso Uccea. Per tornare all’auto seguiamo il CAI 732, un sentiero ottimamente segnato ma che nel tratto centrale presenta pendenze molto importanti, sconsigliate sia in salita che in discesa con il bagnato. In poco più di un’ora siamo a casere Taptomalicucon sulla carrozzabile che porta a sella Carnizza, ultimo tratto di strada e siamo di nuovo ad Uccea. Resoconto: Itinerario lungo ma appagante da un punto di vista panoramico soprattutto nella parte alta del percorso quando il sentiero percorre la cresta fino al monte Guarda. L’itinerario può essere più breve di quello descritto; senza raggiungere il Costantini e tornando indietro per la stessa strada, comunque bisogna affrontare i mille metri di dislivello che separano Uccea dal monte Guarda. La casera Caal è sempre aperta ed è fornita di ogni comfort che una casera possa avere, non ci sono fonti d’acqua lungo il sentiero.
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Gennaio 2020
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