La meta di oggi è il monte Zabus, la cima più alta di quella lunga dorsale roccioso - prativa che unisce idealmente lo Jof del Montasio e il Monte Cimone. Dalla sommità si gode di una splendida vista a 360 gradi sulle Alpi Giulie e Carniche; particolare risulta la vista sull’altopiano del Montasio, che può essere osservato in tutta la sua lunghezza dalla Malga Montasio fino all’inizio del bosco verso Sella Nevea. Sono le 8:00 e ancora una volta mi ritrovo sull’altopiano del Montasio, questa volta in compagnia dei miei amici carnici, Enrico ed Andrea. Erano almeno dieci anni che non passavo di qui, ora questa è la terza volta nel giro di un mese. Parcheggiata l’auto nell’ampio piazzale iniziamo a risalire la strada forestale che porta al rifugio di Brazzà, prima del quale imbocchiamo a destra il sentiero che sale allo Jof di Montasio. Il sentiero compie un lungo traverso su pendio erboso a quota costante e permette di avere già una splendida visuale sull’altopiano a sinistra e sulle ripide pareti calcaree della catena del Montasio a destra. Davanti a noi illuminato dal sole c’è il ripido versante dello Zabus, trecento metri di prato e roccette con pendenze importanti che affronteremo poi in discesa. Giunti all’incrocio con il sentiero che sale da Malga Montasio (1700 mt.) inizia la vera salita verso la Forca dei Distreis, oltre a noi tre ci sono diversi altri escursionisti, qualcuno è già alla forca, altri salgono come noi seguendo il sentiero, altri coraggiosi (o semplicemente più allenati!) salgono per la via più diretta tagliando per i pascoli e i ghiaioni. Dopo circa due ore di camino, poco al di sotto della forca, deviamo sulla sinistra abbandonando così il sentiero per la vetta dello Jof raggiungendo in breve la forca dei Disteis; arrivati a quota 2201 mt. appare davanti a noi l’impressionante voragine sul lato nord del Curtissons, il baratro della Clapadorie. Dalla forca proseguiamo verso sud ovest su traccia ben visibile che però si affievolisce presto, giunti in vista dell'affilata cresta dei Curtissons (Coltellacci) resta solo qualche debole solco probabilmente lasciato dai numerosi stambecchi che frequentano questi pendii. Decidiamo di seguire una traccia posta su erba mista a zolle che prosegue un paio di metri sotto la cima e che ci porta ad attraversare tutto il ripido versante del Curtissons fino a raggiungere la Forca Bassa (2070 mt.), un’enorme forcella con grandiosa vista panoramica sulla Val Dogna. Da qui proseguiamo sul filo di cresta iniziando a risalire il versante meridionale del monte Zabus attraverso balze di roccia alternate a zone erbose che ci costringono ad un continuo “ravanare” per trovare la via migliore. Dopo circa mezz’ora di salita dalla forca Bassa iniziamo a intravedere la cima (2244 mt.) ghiaiosa dove una volta arrivati, troviamo un grande ometto in pietra ad accoglierci. La vista è magnifica, verso nord la parete rocciosa cade nel vuoto quasi in verticale tra affilati spuntoni rocciosi e ampi conoidi detritici. Alcuni stambecchi tra cui uno molto piccolo, probabilmente nato quest’anno, sfidano le vertigini sotto di noi facendo rotolare una gran quantità di sassi. Verso sud invece lo sguardo scende rapido verso i pascoli dell’altopiano fino a Sella Nevea per poi rialzarsi seguendo le piste da sci fino a imbattersi nella maestosità del gruppo del Kanin. Volgendo lo sguardo verso est non si può che restare affascinati; ora capisco il perché di quelle parole scritte da Julius Kugy: “il Montasio è il più grande e possente. Da qualunque parte lo si guardi non si troverà un lato che per via di aggruppamenti lo faccia apparire mediocre o meschino…E quando appare, non si ricorre alla carta per identificarlo: è lui, non c'è dubbio, è il Montasio”. Nonostante alcune nubi che avvolgono la cima del Montasio, sulla parete Nord Ovest è ben visibile il bivacco Suringar, forse il bivacco più esposto di tutto l’arco alpino. Dopo un’oretta di sosta decidiamo di rientrare, seguiamo il percorso dell’andata fino alla Forca bassa, da qui lasciamo il costone che scende dai Curtissons e pieghiamo verso destra puntando il lontano rifugio di Brazzà. La discesa risulta abbastanza malagevole; erba, zolle, rododendri e tane di marmotte ci accompagnano lungo la discesa fino ad un’imponente affioramento di conglomerato che superiamo grazie ad uno scivolo erboso. La pendenza è notevolmente diminuita e le caviglie ringraziano, percorriamo gli ultimi metri che ci separano dal sentiero dell’andata attraverso una zona ad alta densità di marmotte che corrono e fischiano in ogni direzione. Dopo un’ora e tre quarti siamo al rifugio dove, dopo aver richiesto i timbri del “gira rifugi” ci godiamo una meritata birra fresca con vista sul Kanin. Resoconto:Percorso per escursionisti esperti (EE); semplice nella prima parte, poi dopo Forca dei Disteis, richiede attenzione poiché ci si muove su traccia poco marcata caratterizzata da zolle erbose cedevoli e spesso scivolose. La salita attraverso la cresta alla cima del Zabus richiede attenzione visto il baratro presente sul versante settentrionale.
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Gennaio 2020
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