La zona di Forni non la conosco più di tanto, per cui quando i miei amici hanno proposto Cima Camosci ho accettato di buon grado e mi sono presentato puntuale alle 8:00 presso la piscina di Tolmezzo. Dopo un rapido caffè a Villa e trenta minuti di strada eccoci finalmente a Forni di Sotto, dove lasciamo la statale per raggiungete il guado sul Tagliamento in località Vico. L' itinerario inizia subito dopo il greto del Tagliamento sulla carrareccia che porta agli stavoli Crovares (710 m) e poi continua inoltrandosi nella Val Poschiadea (CAI 364). Tale strada immersa in un bosco di faggio misto ad altre essenze, tra cui anche delle conifere (pino Silvestre), si insinua nella valle con pendenze modeste fino ad un paio di tornanti dopo i quali abbandoniamo la strada per proseguire su sentiero che ci porta fin sul greto del torrente. Fin qui il percorso è abbastanza intuitivo anche se i segnavia sono radi e diversi cartelli del parco sono oramai divelti dai loro pali. Giunti in corrispondenza di una briglia attraversiamo il rio Poschiadea portandoci sulla sua destra orografica, la traccia percorre il versante in parallelo al corso d'acqua fino al bivio col sentiero che sale verso il monte Chiarescons; noi prendiamo a destra scendendo di nuovo sul greto del torrente. In questa zona gli effetti dell'erosione sono davvero imponenti, davanti a noi appare un franamento di circa cento metri che ci obbliga ad un aggiramento dall'alto per ritrovare la traccia del sentiero che ora risale la Valle dell'Orso, inizialmente nel bosco poi tra gli arbusti di pino mugo. Man mano che prendiamo quota la vegetazione si fa sempre più rada, ora camminiamo in un catino erboso tappezzato da rododendri; verso nord il panorama inizia ad aprirsi fornendoci un bello scorcio sul Bivera e il Clap Savon. Il tracciato prosegue più evidente e meno ripido in direzione di forcella Lareseit; poco prima di raggiungere la forcella un frullare di ali attira la nostra attenzione, una femmina di Gallo Forcello si invola poco prima del nostro passaggio. Dalla forcella prendiamo il CAI 373a, con un paio di ripidi saliscendi oltrepassiamo gli sfasciumi dei rii che si insinuano nella valle dell'Orso e giungiamo fin sotto Cima Camosci (1.804 m) che però non raggiungiamo visto l'erba alta e la massiccia presenza di mughi. Giunti al bivio con il CAI 373 lo percorriamo in direzione nord verso il Col Masons, nella prima parte il sentiero corre panoramico in cresta, la veduta offre ampi squarci verso la Valle dell'alto Tagliamento con l'abitato di Forni di Sotto verso est, verso ovest le alte cime dei Monti Pramaggiore e Cornaget e verso nord il Tinisa, il Bivera e il Clap Savon. Dopo il tratto panoramico rientriamo nel bosco per aggirare il Col Mason e giungere all'omonima casera (1.553 m), una bella struttura recentemente ristrutturata adagiata su di un ripiano erboso. Fin qui siamo stati due ore e mezza (camminata effettiva) è giunto il momento di mangiare qualcosa e goderci un po' il sole. Per il rientro a valle riprendiamo il CAI 373, che prosegue alla spalle della casera attraverso i vecchi pascoli sommitali fino ad infilarsi nella faggeta, dove la pendenza aumenta notevolmente mettendo a dura prova le nostre ginocchia. Perdiamo quota rapidamente fino a sfiorare il margine di una zona profondamente erosa da cui si possono ammirare in tutta la loro maestosità le tre cime di Lavaredo. Il sentiero prosegue in discesa alternando tratti più o meno ripidi, incontriamo alcuni antichi pascoli e diversi edifici ormai diroccati fin che non ci immergiamo nuovamente nel bosco misto di conifere e latifoglie. Ormai siamo quasi in dirittura d'arrivo, l'ultimo tratto di sentiero lo percorriamo in piano parallelamente al Tagliamento per quasi un chilometro fino a tornare al punto di partenza. Resoconto: Itinerario molto selvaggio, soprattutto nella Valle dell'Orso e fino a casera Masons. La mancanza di una adeguata marcatura del sentiero 364 e il tratto eroso potrebbero creare dei problemi a chi a chi non sa muoversi bene nel bosco e su terreno non marcato. L'itinerario si svolge per la gran parte nel bosco in vallate ricche di acqua, ottimo da percorrere d'estate; di contro in alcuni punti l'erba è alta. Da casera Masons il sentiero è ben marcato e molto ripido.
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L’escursione di oggi inizia dal lago superiore di Fusine, dove parcheggiamo l’auto nei pressi della locanda “Ai sette Nani” (941 m). La nostra metà sarà il rifugio Zacchi che raggiungeremo attraverso il sentiero che passa per l’Alpe Vecchia. Una volta pronti imbocchiamo con buon passo la strada forestale alle spalle della locanda che in breve ci porta ad un bivio subito dopo il ponticello sul rio Vaisonz. L’itinerario “tradizionale” prevede che al bivio si prosegua verso sinistra sulla carrareccia che porta allo Zacchi; tuttavia consiglio vivamente di passare per l’Alpe del Lago, da cui si gode di una splendida vista sul gruppo del Mangart e un suggestivo scorcio sul lago superiore. Quindi, al bivio dopo il ponte, deviamo a destra seguendo la strada che in pochi minuti ci porta all’Alpe del Lago; uno splendido pascolo di circa venti ettari posto proprio sopra il lago. La strada prosegue in direzione sud lambendo prima il bosco di abeti e poi l’omonima malga, le diverse mucche al pascolo non sembrano molto interessate alla nostra presenza e continuano nel loro brucare come se niente fosse. Superata la maga rientriamo brevemente nel bosco prima di giungere all’Alpe Tamer; raggiunto il piccolo pascolo lo superiamo costeggiandone il margine sinistro fino al bivio tra i sentieri CAI 517a e 513 (cartello vecchio con tempi sovrastimati). Dopo il bivio inizia il tratto in salita, fin qui infatti abbiamo camminato in falso piano per circa quaranta minuti, guadagnando solo pochi metri di altezza rispetto alla partenza. Il sentiero CAI 513 presenta per i primi 100 metri una buona pendenza, risaliamo con stretti tornanti un ripido canale ricoperto da vegetazione, il fondo è sconnesso e bisogna prestare un po’ di attenzione a dove si mettono i piedi. Superato il tratto ripido il sentiero continua in salita fino a raggiungere un tratto dolcemente ondulato che precede il pianoro dell’Alpe Vecchia (1.307 m), ora camminiamo agevolmente tra abetaie, rododendri e massi detritici Superato il bivio con il CAI 517 il bosco si dirada definitivamente garantendo una stupenda visuale sulle pareti del piccolo Mangart di Coritenza, della Veunza, della Strugova e sul gruppo delle Ponze. Proseguiamo lambendo i conoidi detritici posti alla base della Veunza e della catena delle Ponze fino a che il sentiero si raccorda con la carrareccia che sale al rifugio; sono passate due ore dalla partenza, ancora alcuni minuti su strada e saremo allo Zacchi. Giunti al rifugio (1.380 m) troviamo posto sulla terrazza panoramica, un buon piatto di tagliatelle al ragù di capriolo ce lo siamo meritato. Dopo aver pranzato, per il rientro al lago decidiamo di percorrere il CAI 512 che permette di risparmiare qualche chilometro rispetto alla strada forestale. Il sentiero parte in prossimità del rifugio e con una serie di stretti tornanti e gradini rocciosi permette di perdere quota molto rapidamente, superato un ultimo tornante il sentiero compie un lungo traverso a pendenza costante che ci porta a superare un piccolo guado e una scalinata di roccia. Dopo circa cinquanta minuti di discesa ci raccordiamo con la strada forestale che immersa nel bosco ci riporta fino al parcheggio dove abbiamo lasciato l’auto.
Resoconto: Escursione semplice, in grado di regalare suggestivi panorami alpini. Distanza e dislivello sono contenuti ma non vanno sottovalutati alcuni tratti del sentiero CAI 513, che vengono resi insidiosi dal sottobosco umido e scivoloso.
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Gennaio 2020
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